Una semplice galleria di 19 ritratti di persone (e un gatto!) – bambini, anziani, adulti, uomini, donne – ci fa scoprire un’umanità e i suoi pensieri. Ricorrendo ad alette che si sollevano “scoprendo” la testa del personaggio, il lettore vede cosa in essa si cela.
Un testo minimale ci presenta di volta in volta una persona associandola a uno stato d’animo o a un pensiero, come fotografata in un istante.
E così leggiamo ad esempio che “Maria è terribilmente gelosa” e “Mattia è semplicemente felice”, e “Elena, a volte, ha bisogno di stare sola”, mentre “Antonio cerca le parole” e “Nicola non pensa a niente” e “Luciano si ricorda con tenerezza di quando era piccolo”.
I pensieri affollano le teste delle persone, e non sono per nulla scontati o banali. Semplici e comuni, forse sì, ma significativi per ognuno, nel momento in cui Moreau offre loro dignità di ritratto.
L’autore francese parte proprio dai nomi, dalle persone, non dagli stati d’animo e dai pensieri. È questo aspetto a rendere prezioso, a nostro avviso, questo albo. Non ci sono pensieri e sentimenti in generale, ma esistono solo in relazione a qualcuno. Se i colori dell’anima sono universali, le situazioni e i motivi che li tingono si declinano a livello personale.
Moreau, sembra dirci, senza dirlo, che dietro a una parola c’è un mondo intero, e se io dico che “Anna si sente triste”, ciò non è sufficiente a nominare o spiegare la tristezza. Sollevando la finestrella vediamo Anna sommersa dalle acque, gli occhi chiusi, le lacrime sul volto. Non è un’immagine potente? Un’immagine che traduce la tristezza ma invita a riflettere sul concetto: per Anna probabilmente sentirsi triste equivale a sentirsi ferma, incapace di muoversi, sentirsi sola, come in una palude, con gli occhi chiusi a nascondere il mondo attorno.
Ma probabilmente, se a sentirsi triste fosse Giovanni, il suo sentire sarebbe raffigurato in altro modo.
Non è straordinario tutto ciò?
Qui non si nominano pensieri e stati d’animo nella speranza che i bambini poi li facciano propri nel loro vocabolario, qui si aprono orizzonti di senso.
Lontano da ogni intento didattico o pedagogico, Moreau offre piuttosto delle visualizzazioni in composizioni raffinate e impattanti. Invita a vedere oltre, a curiosare nelle teste altrui, ad avvicinarsi all’altro toccando con mano i suoi pensieri.
Un libro molto piacevole che ad un livello semplice di lettura può suscitare curiosità e anche un po’ di divertimento, e ad un livello più complesso dialogo e pensieri. Perché in fondo chiedere A che pensi? significa chiedere Come ti senti?
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