Il maestro

Silvia Sai

Il maestro | Fabrizio Silei, Simone Massi | Orecchio Acerbo

Un meraviglioso albo illustrato racconta l’esperienza della scuola di Barbiana di don Milani nella voce narrante di un ragazzino che in quella scuola è cresciuto. Dagli 8 anni.

Chi è il maestro? Don Milani, un uomo colto e coraggioso, passionale e schietto. Un uomo che in un minuscolo paesino del Mugello negli anni ‘60 ha dato vita a una scuola per insegnare a leggere e scrivere ai figli dei contadini. Per puro amore di studio? No, per formare coscienze critiche, pensanti, non più deboli per ignoranza, ma forti per conoscenza. La scuola di Barbiana insegnava a vivere con coscienza etica, politica, civile; insegnava, in primis, l’importanza di essere istruiti per conoscere e rivendicare i propri diritti, i diritti degli ultimi, per trovare un proprio posto nel mondo.
Poi, solo poi, istruiva.

Ci sono maestri che masticano bambini e sputano uomini.

Chi sono i bambini di Barbiana oggi? Quelli che Don Milani accoglierebbe? Non più gli analfabeti e forse nemmeno gli “stranieri”, come qualcuno dice. Sono quei ragazzi che vanno a scuola solo perché obbligati, quei ragazzi che a scuola non vanno e ci tornano solo perché i servizi sociali bussano alla porta. Sono quei ragazzi che non vedono nei maestri una figura di riferimento, e spesso, in nessun altro adulto. Quei ragazzi che danno fuoco a biciclette nei cortili, allagano le mense, picchiano i compagni, o quelli silenziosi che piano piano scompaiono e nessuno se ne accorge.
Sono quei ragazzi che nessuno vuole “masticare” perché nessuno crede in loro, e forse mai ha creduto.

E i maestri, chi sono oggi? Tutti coloro che con coraggio mantengono viva ogni giorno la passione per l’insegnamento, nonostante tutto.
Quei maestri che al solo sentire “ma che vuoi da me, che te ne importa di me, maledetto!” – come pensa il protagonista di questo albo vedendo Don Milani – non scrivono una nota sul registro ma con gli occhi illuminati mormorano, bene, ora c’è pane per i miei denti.

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Fa un poco strano leggere il libro su Don Milani e trovare delle atmosfere cupe, prive di colori, quasi una cappa pesante che offusca la vista. Chi conosce la storia dei ragazzi di Barbiana ha respirato la gioia e l’entusiasmo di quella esperienza. E invece è proprio il buio la chiave narrativa scelta da Fabrizio Silei e Simone Massi (un connubio autoriale strepitoso!) per aprire voci e sguardi sulla monotonia dei giorni di lavoro, sulla pesantezza dell’aratro nella terra, sulle sveglie nell’alba ovattata, “e ricomincia lentamente a segnare il solco, da dove si é interrotto il giorno prima, avanti e indietro”.
Che meraviglia le prime tavole dense di concretezza, fatiche, sonno, sguardi “adulti” in bambini che della vita senza dubbio hanno già conosciuto molto, e certamente non la parte migliore.

Mi scuote senza dire nulla, scuote i miei fratelli avvinghiati a me.
È ora di alzarsi.

Ma il buio non è solo quello della pesantezza fisica, è il buio della mente, dell’ignoranza che permette di essere presi in giro dal padrone quando, per l’ennesima volta, con accanto il proprio figlio vestito a festa, gli si chiede come mai ancora non arrivi l’energia elettrica. E quella lettera, che il signor conte e il signor avvocato porgono, lui, contadino analfabeta, proprio non riesce a decifrare: conterrà davvero  la richiesta di energia elettrica?
Come reagire?
Non con la passività, nemmeno con la violenza. Il padre del giovane ragazzino, il giovane protagonista a cui Silei affida la voce narrante, lo manda dal prete.

Senza dire nulla mi ha preso per mano e mi ha trascinato con sé.
Dopo un’ora che camminavamo gli ho detto: “Ma dove andiamo?”
“Ti porto dal prete, in montagna!”
“Che prete? Quale prete?” e mi sono fermato.
“Dal prete matto!” mi ha spiegato. “Il priore di Barbiana, quello che insegna a leggere e scrivere ai figli dei contadini!”
“Ma io non ci voglio andare! Non mi piace di leggere e scrivere!” ho protestato.
E lui mi ha mollato uno schiaffo che ancora mi bruciano sulla guancia le cinque dita.

Inizia così il viaggio metaforico dal buio alla luce, dall’ignoranza alla conoscenza, dalla debolezza al riscatto. Incontriamo Don Milani, un prete “fissato con le lettere e con le parole” con quel sorriso mesto e diretto, di chi sa come trattare chi a scuola proprio non vuole andare:

Ho incrociato le braccia e ho detto: “Io non voglio né leggere, né scrivere!”
“Meno male!” ha detto il prete. “Perché se volevi leggere e scrivere, oggi ti andava male perché noi… oggi si impara a nuotare!”

Il buio ci accompagna ancora, sempre più illuminato dal bianco. Sfogliando le pagine viene quasi da socchiudere gli occhi per scorgere meglio i contorni tra i segni bianchi sul pesante sfondo nero, quasi righe di un quaderno (geniale!). Una tecnica che parrebbe quasi pensata appositamente, ma sappiamo non essere così: quelle specie di incisioni a scavare su un fondo di pastelli a olio sono la cifra stilistica di Simone Massi. Graffi bianchi che lentamente tolgono il nero rivelando forme e figure. Don Milani di nero deve averne graffiato molto, per far emergere uomini e pensieri – “invece che dirti lui le cose a te, te le faceva dire te a lui. E così dicevi delle cose che non sapevi di sapere. Si chiama pensare”.

In un racconto sempre equilibrato, e piuttosto commovente, Fabrizio Silei tiene saldo il timone della narrazione, ovvero il punto di vista del ragazzino protagonista. Anche mentre si ripercorrono le tappe fondamentali dell’esperienza di Barbiana – le intense conversazioni sulla guerra, sulla coscienza etica e civile, gli incontri con i giornalisti, le numerose lettere scritte insieme fino alle famose “Lettere a una professoressa”, il processo a don Milani e infine la sua morte -. Mai si avverte una finzione forzata o una esaltazione biografica della figura del priore, sempre e solo l’entusiasmo e l’umanità dei bambini.

Silei è pazzescamente bravo nel ricorrere a un linguaggio concreto, diretto, come era Don Milani, ma al contempo lirico ed emozionante. Non tanto nella scelta del lessico, quanto nella costruzione sintattica di efficaci frasi brevi alternate a parti lievemente descrittive e a dialoghi quasi fulminei. Una scrittura senza dubbio tra le sue più riuscite, valorizzata, come sempre egregiamente in questa casa editrice, da un’ottima grafica.

Torniamo agli sguardi, filo rosso di questo albo, quanto penetranti! Fiero e frustrato quello del padre, dignitosi e furbi quelli dei bambini, calmo e accogliente quello di Don Milani. Quanta verità nei volti pensierosi e nei capi chini, forse per insicurezza, umiltà o preghiera. Quanta presenza in quelle giovani figure davanti al gendarme, unite in difesa del loro maestro, e quei sorrisi con i pugni alzati in segno di vittoria dopo l’assoluzione al processo. Una immagine a doppia pagina che apre il cuore, l’unica forse in cui i personaggi si stagliano così liberi e in movimento sullo sfondo bianco.

Colpiscono sì i bambini, colpisce soprattutto la loro unità. I bambini non sono mai soli, anche quello Don Milani aveva compreso: l’importanza di farli sentire parte di un gruppo, non individui persi ognuno nelle proprie paure, debolezze, silenzi. L’uomo è animale sociale e culturale, ma nasce animale. E la scuola è la prima, e forse ultima, esperienza sociale davvero democratica. Se non si comprende che su quel terreno lì si deve agire, se non si pongono le basi per una coscienza collettiva, se non si riflette insieme sul senso del vivere in relazione con gli altri, allora tutto è perduto.
I Care. A me importa, battezzò così lo slogan don Milani. Di me, di te, di tutti noi, di voi…

Gianni corre a prendergli un bicchier d’acqua, ma lui non la finisce più e le nostre piccole mani picchiano piano sulla sua schiena, come un’unica grande mano.

L’ultimo volto torna a essere quello del padre, al buio, in una stanza con la lampadina accesa. Gli occhi chiusi, persi in chissà quali pensieri, il capo leggermente sollevato verso l’alto, finalmente. Dopo tanti capi chini, eccola la soddisfazione di sentirsi davvero presenti a se stessi e agli altri, ora che si conosce la luce

“Bravo!” esclama e si illumina di un sorriso buono.
E tutti che mi guardano.
Che c’avete da guardare, vorrei dire.
Intanto però quel bravo mi riempie tutta la testa e mi mozza il respiro.
È il mio primo bravo.

IL MAESTRO

Fabrizio Silei (testo), Simone Massi (illustrazioni)

Orecchio Acerbo

Anno di pubblicazione 2017

48 pp. | 24×32 cm.

Prezzo di copertina: 15 euro

Età di lettura: dagli 8 anni

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2 risposte a “Il maestro”

  1. Franco Mascolo ha detto:

    Don Milani e la sua famiglia entrarono nella chiesa cattolica ad evitare persecuzioni, essendo la madre di Lorenzo Alice Weyss, di origine ebraica, come altri membri più vecchi della famiglia, vivi o defunti. Quindi don Milani si dichiarava non a caso ” rabbino e sacerdote” nelle sue “lettere”; in tutto ciò egli fu unico e irripetibile, e questo è il suo fascino sociospirituale…

  2. Franco Mascolo ha detto:

    Quando si parla di don Milani si deve sempre pensare che viveva il Vangelo da ebreo-cristiano, in quanto perseguitato insieme alla famiglia dalle leggi razziste del ’38 e quindi “prestatosi” alla chiesa cattolica, per ricalcarsi uno spazio ebraico e cristiano, come era alle origini del messaggio… un messaggio valido per ogni uomo, al di là delle fedi religiose e delle culture…

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