Storie della buonanotte per bambine ribelli

Silvia Sai

Non è semplice parlare di un libro, quasi un caso editoriale, che moltissime persone elogiano con toni entusiastici.
Non è semplice perché ci sono 20.025 persone che hanno creduto in questo progetto, ideato da due giovani donne italiane imprenditrici in California, finanziandolo dal basso sulla piattaforma kickstarter, rendendolo il libro più sostenuto con questa modalità.
Non è nemmeno semplice perché a noi piace consigliare solo quelle che riteniamo essere belle storie, tralasciando ciò che, a nostro personale avviso, non è meritevole di diffusione.

È anche vero, però, che ci piace cogliere stimoli per avanzare una condivisione di pensiero, soprattutto su temi a noi cari. È già successo in un post che ho dedicato tempo fa al tema diversità nei libri, succede oggi.

Una premessa si rende necessaria.
Crediamo che ogni libro possa essere un buono o un cattivo libro a seconda del contesto e della modalità con cui si propone.

È anche vero, però, che quando si scrive un libro ci si assume una responsabilità, così come quando lo si seleziona da uno scaffale. Maggiore è lo spirito critico e la consapevolezza attorno ciò che si sta scegliendo, migliore sarà la nostra proposta.

La scelta di Storie della buonanotte per bambine ribelli. 100 vite di donne straordinarie, arrivato in Italia grazie a Mondadori, non rappresenta a mio avviso la miglior scelta che si possa fare.

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Sarà che sono una convinta sostenitrice della complessità come valore, sarà che prediligo le piccole storie di vita alle roboanti vite straordinarie, sarà che mi insospettisco di fronte a reazioni entusiaste a priori, sarà che un po’ ho imparato a conoscere tanta buona letteratura per l’infanzia, sarà che non mi convincono i pensieri dicotomici quando ci si prefigge proprio di superare le dicotomie, sarà che trovo le sfumature molto più interessanti da esplorare, soprattutto, quando si affrontano temi delicati…

Si potrebbe partire dalla copertina, indubbiamente attraente, e dal titolo chiaramente ammiccante (con le tre parole in evidenza buonanotte, bambine, ribelli) – una grandiosa operazione di marketing – si potrebbe discutere su quanto di buonanotte ci sia in queste storie (ah già, il c’era una volta iniziale), si potrebbe disquisire sul perché indirizzare in modo così netto la lettura del libro alle bambine femmine, quando pure ai maschi ci si potrebbe rivolgere. Tutto interessante, ma non è questo il punto centrale della nostra riflessione.

Si potrebbe poi discutere sulla scelta delle donne ritratte o sulla precisione storica delle loro biografie (non ci è data sapere alcuna fonte), o su cosa sia stata effettivamente la loro ribellione – mai parola fu più fuorviante.

Com’è, come non è, la somma raccolta tramite crowdfunding (quindi solo sulla base della fiducia e dell’aspettativa) supera il milione di dollari. Siamo di fronte a un libro che va indubbiamente calato nel nostro tempo, e forse anche nella cultura americana.
Ci sembra che la ragione del suo successo sia strettamente connessa a una visione di società ideale, per lo più condivisibile: un mondo in cui donne e uomini hanno uguali diritti e possibilità di autorealizzazione. Bene, d’accordo. L’assunto di partenza delle autrici è che siamo ben lontani da questa realtà; ancora bene, d’accordo. L’obiettivo auspicato è di contribuire a modificare lo stato delle cose leggendo queste storie.

Le due maggiori perplessità che mi suggerisce il libro hanno a che fare proprio con questo. A chi si rivolgono queste storie?

La totale mancanza di spessore e complessità, per non dire approfondimento, delle storie, unitamente alla necessaria contestualizzazione (storica, politica, sociale, geografica) per comprenderle appieno, lo rendono inadatto sia ai bimbi più piccoli – privi di tali conoscenze – che ai bambini più grandi – ai quali sarebbe doveroso, se non rispettoso, rivolgersi con maggiore completezza. Laddove inadatto mi piacerebbe fosse inteso come svincolato dal semplice gusto del bambino.

Questo è un libro pensato per far sentire le donne, ovvero le mamme che acquistano il libro, delle brave mamme che crescono bambine ribelli, fighe, come forse noi (perché pure io sono mamma!) non riusciamo a essere nella nostra quotidianità (e crediamo forse che nostra figlia si faccia ispirare da Hillary Clinton o da una guerriera Apache più che dalle figure a lei vicine?).

Sono storie che rispondono a un immaginario adulto proiettato sul mondo infantile.
Non ci sarebbe nulla di male in ciò, se però fosse agito con trasparenza e onestà, e se il prodotto finale, le storie, fossero davvero adatte ai bambini, a loro gradevoli, e avessero la potenza di scavare, instillare, annaffiare un immaginario identificativo.

Ogni storia è dedicata a una donna appartenente a una diversa parte del mondo e della storia (nelle immagini sotto potete scorrere l’indice completo, oltre che qualche pagina interna) la cui storia è resa attraverso una mezza pagina di testo (20/30 righe) e un ritratto sulla parte destra.

La complessità qui è ridotta a zero.

Il risultato è semplicistico, se non tendenzioso, banalizzante, e si riassume in questa sequenza: donna sfortunata – per disabilità fisica, appartenenza, o semplicemente per genere – supera l’ostacolo del caso – che poi spesso è estremamente banalizzato – e diventa una donna-eroina, realizzata, di successo, o nella storia mondiale o in ambito nazionale o in un settore specifico (sport vari, musica, professione…)

Il tutto condito da frasi, che alla terza già risultano stucchevoli, pronunciate da figure significative per queste donne – spesso le madri – del tipo il mondo è tuo, se vuoi puoi farcela e così via. In pratica, visualizziamo il concetto fondante la cultura americana del self made man, woman, in questo caso.

Vi sfido a leggere tutte e 100 le storie. Saltando dall’antica India alla contemporanea Arabia Saudita, facendo un salto tra i partigiani, per approdare al villaggio somalo. E non perché queste vite non siano degne di essere raccontate ma perché in trenta righe cosa vuoi fare? Un bignami di Wikipedia.

Raccontare la complessità significa invece offrire un contesto di senso, significa addentrarsi nelle indecisioni, nei tormenti interiori – spesso quelle le vere spinte alla ribellione! – nei passi falsi, nelle risorse che sostengono, nelle persone che incoraggiano, nelle esperienze che formano e insegnano a comprendersi e a comprendere il mondo intorno e ciò che si vuole da esso.

E qui arriviamo all’altra nota dolente.

Come possiamo pensare di trasmettere un’idea di possibilità alle nostre figlie se non diamo loro modo di esplorare se stesse e l’altro da sé, se non offriamo storie in cui immedesimarsi?

Difficile qui provare davvero empatia, sviluppare identificazione. Lo straordinario potere della lettura non è quello di far vivere con partecipata emozione vite altre, accompagnando il lettore fino farlo sentire una cosa sola col personaggio e indurlo a chiedersi, anche in modo inconsapevole e silenzioso: come avrei agito al suo posto? cosa avrei pensato/fatto io? Ecco, qui a quel punto non ci si arriva mai.

Se si sceglie di trattare certi argomenti, creare empatia è un dovere, crediamo.

E non stiamo qui discutendo del fatto che sì, forse qualche micro-biografia può essere usata per stimolare ulteriori ricerche e approfondimenti. Perché non sono nemmeno storie dal contenuto didascalico, talmente sono parziali e superficiali. Leggo di Balkissa Chaibou, e mica mi viene la curiosità di approfondire la sua storia. Così per le altre 99.

Ricordo invece con piacere quanto abbiano suscitato in me i libri Più veloce del vento di Tommaso Percivale o Pesi massimi di Federico Appel, giusto per fare due esempi:  curiosità durante la lettura, desiderio di saperne di più, così come dispiacere nel dover lasciare alla fine questi personaggi. Se in Storie della buonanotte per bambine ribelli leggo che lo “spirito ribelle” di Astrid Lindgren risiederebbe nel suo non avere paura di stare da sola, da bambina, e nella scrittura di Pippi Calzelunghe, ecco, di certo non mi incuriosisce saperne di più, né si rende giustizia al suo spirito di attivista civile.

Ho ben presente anche quanta libertà, e tormento!, ho respirato leggendo le storie di donne, alcune reali, altri storiche: Alfonsina Strada del già citato Percivale, Calpurnia di Jacqueline Kelly, o Miss Charity della Murail, per non parlare di Malala, Rosa Parks, o delle meravigliose Cattive ragazze – 15 storie di donne audaci e creative!

Infine, siamo davvero sicuri che l’identificazione sia efficace solo con le donne? Perché se io leggo la storia di Nelson Mandela, o quella dei campioni olimpici di Pesi Massimi, o il vissuto di Iqbal Masih, forse non posso sentirmi vicino a loro?

STORIE DELLA BUONANOTTE PER BAMBINE RIBELLI
100 vite di donne straordinarie
Francesca Cavallo, Elena Favilli (testo)
Illustrazioni di autori vari
Mondadori
Anno di pubblicazione: 2017
224 pp. | Prezzo di copertina: 19 euro
Età di lettura: dagli 8 anni

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55 risposte a “Storie della buonanotte per bambine ribelli”

  1. […] però è ben confezionato. Per ulteriori critiche consiglio l’articolo di Galline Volanti (Storie della buonanotte per bambine ribelli | E. Favilli, F. Cavallo | Mondadori – Galline Vol…), un blog specializzato nella recensione di libri per l’infanzia (e quindi esperti nel settore). […]

  2. […] blog Galline Volanti, specializzato in libri per l’infanzia, evidenzia sagacemente altri due punti critici del […]

  3. […] blog Galline Volanti, specializzato in libri per l’infanzia, evidenzia sagacemente altri due punti critici del […]

  4. francesca procopio ha detto:

    Gentilssime, trovo la vostra recensione attenta e in gran parte condivisibile ma incompleta. E’ un libro mediocre, un prodotto commerciale di moda che può fare anche male. I libri non sono neutri e se vi cito “Mein Kampf” sono certa che mi darete ragione. e anche questo libro fa male. Basta pensare alla storia del bambino che, invece di esser aiutato dai suoi genitori in un momento di confusione è stato spinto a credere di esser sbagliato,di dover diventare femmina, a dispetto del suo dna, per esser felice. Povero piccolo. Anche la seconda grande associazione dei pediatri americani ha qualificato questi comportamenti come abusi sui minori.

  5. Francesca ha detto:

    Cara Silvia, cari lettori e lettrici.
    Ho letto con interesse questo articolo e molti dei commenti pubblicati, e mi piacerebbe intervenire in questo vivace dibattito.
    E’ certamente vero, come molte di voi hanno messo in luce, che le storie di queste donne sono raccontate in modo “superficiale”, anche se io preferirei definirle “semplici”; è altrettanto vero che sono racconti che riassumono in poche righe vite complesse, fatte di successi ed insuccessi, battaglie, sconfitte e vittorie. Ma quello che dal mio punto di vista dobbiamo tenere presente è che questa collezione si presenta al pubblico come un compendio di “storie della buonanotte”: racconti brevi da leggere prima di andare a dormire, per accompagnare dolcemente i/le bambin* nel mondo dei sogni raccontando loro non storie di draghi, fate e principesse in pericolo, ma offrendo pillole di vita vissuta, imprese (forse anche un po’ fiabesche) di bambine, ragazze, donne realmente esistite, che hanno fatto la differenza, ognuna a proprio modo.
    Avete ragione a dire che la l’importanza delle storie di queste donne (come di tutte le “storie”) risiede nella loro complessità, nelle sfumature che in questo testo mancano, ma credo anche che questi siano aspetti che possono essere approfonditi successivamente, con l’aiuto degli adulti, con l’aiuto di altri libri, di film, di internet e così via. Forse dovremmo intendere queste storie più come dei “punti di partenza”, un primo, piccolo passo per una riflessione più articolata, sicuramente imprescindibile per una comprensione a tutto tondo di queste storie.
    Nell’articolo viene citata la storia di Balkissa Chaibou, affermando – spero che l’autrice mi correggerà se ho interpretato male il suo pensiero – che per come è raccontata non stimola curiosità, non invoglia a saperne di più. Ecco, la storia di Balkissa è forse, fra tutte, quella che a me ha colpito di più: le sue parole “studiate più che potete. Non è facile, ma è la vostra unica speranza” forse valgono più di una biografia ricca e complessa. Forse è proprio il suo messaggio semplice e potente che per primo deve colpire i piccoli lettori. E’ poco? Può darsi. Ma magari è un primo, piccolo, passo per crescere bambini informati e consapevoli.
    Piano piano, quest* bambin* impareranno a chiedersi “perchè è importante Rita Levi Montalcini?”, “perchè Rosa Parks non ha voluto cedere il suo posto sull’autobus?”, “perchè Kate Sheppard voleva a tutti i costi che le donne votassero?”, ma per porsi queste domande devono innanzi tutto conoscere le protagoniste.
    E’ giustissimo dire che i bambini meritano di ascoltare le storie nella loro “completezza”, ma magari per completare queste storie possono intervenire i genitori, gli insegnanti e così via. L’idea stessa di “storia della buonanotte” suscita in me l’immagine di una lettura condivisa fra genitori e figli, un momento , magari anche breve, di dialogo fra adulti e bambini. Laddove queste biografie mancano di dettagli i genitori potranno intervenire con aggiunte, spiegazioni e approfondimenti, magari da portare a termine il giorno dopo.
    Questo libro è il prodotto di un’attenta e studiata strategia di marketing? Sì, lo è. Ma finchè questa strategia è pensata per diffondere una qualche forma di sapere – frammentaria quanto si vuole – io trovo che vada accolta con positività.

  6. Barbara ha detto:

    Preferisco che mia nipote legga una pagina decicata ad una donna ribelle, con esperienze vere, piuttosto che la Bella addormentata nel bosco! Questo libro e’ perfetto per i bambini di oggi, che passan il tempo sul cellulare e nn leggono!!!! Concordo, che nn e’ perfetto, ma e’ un antidoto a tutti gli stereotipi, a cui i bambini in generale e le bambine in particolare, vengon sottoposti quotidianamente da altri mezzi di comunicazione come la TV, internet e cosi via. Naturalmente, ci son libri migliori, ma se non vengon presentati e pubblicizzati, rimarranno sconosciuti. Notate, che per realizzare il loro sogno, le scrittrici nn son piu’ in Italia, ma in California? Ho letto il libro in inglese, ed il formato e’ perfetto per il mondo anglosassone, in cui vivo. Storie reali, brevi, coincise e di donne internazionali. In un mondo di fake news, dove il buon senso e la verità nn son più la norma, abbiam assolutamente bisogno di messaggi veritieri semplici e coincisi, che ispirino le donne di domani di tutto il mondo.

    • Silvia Sai Silvia Sai ha detto:

      Cara Barbara,
      comprendo, e condiviso, le tue motivazioni di fondo, che muovono il tuo apprezzamento per questo libro. Per me rimane un libro con moltissime criticità e ombre, che non sto qui a ripetere. Come scritto a inizio post, però, nessun libro fa male a nessuno, e dunque sono sicura che a molti piacerà e forse ad alcuni instillerà pensieri alternativi. Ben venga!
      Io resto convinta però della maggiore qualità di altre proposte letterarie che andrebbero più diffuse (e io nel mio piccolo ci provo!). Se entro in libreria e posso scegliere, scelgo il meglio (almeno per me).

  7. Paola ha detto:

    Mi interesso di economia del libro e quindi ovviamente sto seguendo con interesse le vicende di questo titolo. Secondo me è un”caso di scuola”, ben pensato, molto molto ben gestito. E da questo punto di vista credo che il titolo sia stato scelto pensando alle mamme e giocando sul contrasto fra storie della buonanotte (che è un termine molto rassicurante) e l’aggettivo ribelli (io non sono affatto sicura che le persone di cui si parla nel libro fossero ribelli… è un aggettivo ammiccante per me). Insomma quello che voglio dire è che mi pare che il titolo sia ben costruito per “far vendere”, un po’ come era un titolo ben costruito “la solitudine dei numeri primi”. Sfogliandolo, mi è sembrato un libro come ce ne sono tanti, arrivato al momento giusto e ben costruito, ma non una pietra miliare, non è Rodari o Munari per intenderci, tanto per parlare di due miei miti, o Roal Dahl, per parlare di un mito delle mie figlie. E fin qui…. Quello che mi spinge a scrivervi è che ho letto con grande attenzione sia la recensione sia i commenti e vi devo dire che mi hanno allargato il cuore. Mi occupo di economia del libro per professione, ma ho cominciato ad occuparmene perchè mi piace leggere e penso ai libri come strumenti potenti di riflessione, conversazione e crescita. Leggendovi mi sono trovata “a casa”. Buona giornata

  8. Lucia ha detto:

    Ho letto con grande interesse la vostra recensione, che trovo approfondita e ragionata e mi ha dato anche occasione di scoprire il vostro sito! Concordo con le critiche che vengono mosse al libro: pur non pensando che possa danneggiare nessuno, come addiritttura qualcuno ha scritto, lo trovo un’occasione mancata sotto molto punti di vista. In particolare, come è già stato fatto notare, per la triste brevità di quelle che non sono per niente “storie della buonanotte”. Perchè non concentrarsi su un numero minore di “fiabe”, e inserirle in una vera narrazione (anche solo tre pagine…) invece che ridurle a una schedina scialba che non rende giustizia a nessuno? Cosa rimane davvero a una bambina o a un bambino dopo una lettura di 2 minuti di un elenco telefonico, se non qualche esaltante slogan da pubblicità Nike? Un gran peccato, soprattutto visto il grande successo mediatico. (Mi permetto di segnalare una graphic novel letta di recente che nella sua brevità e semplicità, a mio parere, riesce dove questo libro fallisce: “Jane, la volpe & io”). 🙂

    • Silvia Sai Silvia Sai ha detto:

      Grazie Lucia, e benvenuta nel pollaio ? Concordiamo, ovviamente. E il libro che citi è meraviglioso, un ottimo esempio di buona letteratura, ne parleremo presto!

  9. Claudia ha detto:

    Grazie della recensione, mi avete letto nel pensiero! Ero entrata in libreria quasi convinta a comprare il libro per regalarlo a una mia amica mamma. Poi ho cominciato a leggerlo e dopo due, tre storie l’ho riposto allibita sullo scaffale, pensando: “ma come si può pensare che un libro scritto in questo modo possa piacere a una bambina?”. Perché è proprio questa, a mio modo di vedere, la pecca più grande.

  10. Barbara ha detto:

    Per me il problema principale di questo libro sono i messaggi che manda e provo a spiegarlo citando due delle biografie.
    La prima quella sulla Thatcher. Intanto già il fatto di averla messa nel libro per me è agghiacciante. E’ stata una donna terribile che ha vessato le proletarie e i proletari inglesi come pochi prima di lei.
    Cito una frase del libro (a memoria non lo ho sotto mano): “quando ha deciso di togliere il latte ai bambini delle scuole d’infanzia inglesi è stata criticata, ma quando ha vinto la guerra delle Falkland è stata osannata”.
    Il messaggio quindi sarebbe che l’importante è portare avanti le proprie idee, non importa se queste idee siano buone o cattive, l’importante, bambina, è sgomitare ed avere successo, a qualunque costo.
    La seconda quella sulla Woolf, che viene ridotta ad una povera depressa impasticcata, solo perché ha cercato di rompere con il modello di vita patriarcale che la circondava. Cioè torniamo indietro a Freud, le donne sono tutte isteriche, vanno curate.
    Sono venuta a conoscenza di questo libro perché mio fratello mi ha chiesto di prenderlo per sua figlia. Ne ho parlato con lui e fortunatamente abbiamo convenuto insieme che non fosse il caso di farglielo leggere, almeno ora che ha solo sei anni e non ha gli strumenti critici sufficienti.
    Grazie per esservi occupate di questo, secondo me, pericoloso libro.

    • Silvia Sai Silvia Sai ha detto:

      Cara Barbara, che dire, hai citato due tra le 100 storie più tendenziose del libro. Seppur la nostra analisi non ha, volutamente, approfondito nel dettaglio le scelte dei personaggi e i contenuti (cosa che avrebbe richiesto un altro post, e inoltre avrebbe fatto sprofondare la recensione ancor più nella soggettività), non possiamo che essere d’accordo con te.

      • Laura ha detto:

        Io citerei anche Evita Peron, che come politica valeva pochino (solo per il fatto che confondeva welfare e beneficienza di stato senza badare ai costi), che ha spinto per il voto alle donne sì, purché votassero per il marito, ma soprattutto che si è fatta spazio nel mondo grazie a una lunga fila di amanti che l’hanno aiutata in quanto amanti (ho visto un pezzetto di un suo film, sarò una donna che disprezza le altre donne ma palesemente non sapeva recitare… eppure ha fatto un sacco di film o.o).
        Non è un esempio che darei mai a mia figlia. Ne apprezzo il coraggio e la determinazione di migliorare il auo status sociale, ma come l’ha fatto e i risultati ottenuti proprio no.
        Ma lq mia sensazione, come hanno già detto molti, è che la selezione sia stata fatta scegliendo personaggi già noti al target di adulti da convincere, anche grazie a media più che ai libri di storia (quanti conoscerebbero Eva Peron senza il musical di Andrew Lloyd Webber e soprattutto la sua versione cinematografica?).
        Le sorelle Williams: tempo fa ho visto un documentario terrificante in cui il padre ammetteva di aver messo in cantiere, di aver concepito le figlie con l’ottica di farle giocare a tennis, farle diventare campionesse e lucrare su di loro a vita natural durante. E lo diceva candidamente, come se fosse ovvio, dimostrando quanto la cultura americana ancora valuti i figli una “proprietà” dei genitori. Se io dovessi portare le sorelle Williams ad esempio, parlerei della forza con cui hanno saputo emanciparsi ancora giovanissime dal padre, ottenendo che non facesse più loro da manager né guadagnasse su di loro, allo scopo di avere un rapporto più sereno e libero con un genitore ingombrante e avere spazio per sviluppare altre passioni e interessi oltre al tennis, dimostrando più lungimiranza e consapevolezza della brevità della carriera agonistica. Ma come spiegarlo a una bambina di otto anni o più piccola?
        E parlando di padri quanto meno deludenti Artemisia Gentileschi, che se non la metti non sei abbastanza in, che senso ha se non trasmetti la profondità della sua tragedia, e dell’umiliazione e delle torture subite al processo, processo in cui il padre era molto più preoccupato di riavere le tele rubate dall’ex assistente che avere giustizia per la figlia, e che avrebbe voluto che la figlia smettesse di dipingere, essendo ormai arrivata all’età per sposarsi e avere dei figli? Perché non mettere una Berthe Morisot, per citare un’artista famosa, che ha avuto una vita sicuramente meno tragica e a fosche tinte, ma che comunque è stata una pioniera in un’epoca in cui in Francia l’Accademia era vietata alle donne?
        Non so, io rimango molto perplessa. Ci sono tante figure che ho soperto negli ultimi anni anche più “fiabesche”, per certi versi, come Gertrude Bell (scalatrice, esploratrice, spia, mediatrice nel mondo arabo tra occidentali e sceicchi, disegnatrice del moderno Iraq), ma capisco che non è abbastanza mainstream… ah, se il film con Nicole Kidman e Robert Pattinson avesse avuto più successo!

  11. […] Non credo che questo libro sia adatto alle bambine, perché, per dirla con le parole di Silvia, che lo recensisce su Galline Volanti, […]

  12. Giulia ha detto:

    Che delusione questa recensione… Riconosco il sensazionalismo nato intorno a questo fenomeno editoriale e, pur non avendo ancora visto il libro di persona, immagino l’inevitabile appiattimento di una raccolta che condensa 100 biografie + altrettante illustrazioni in un formato tascabile o quasi. Di certo, scegliere solo 100 personaggi femminili tra tutti quelli degni di nota porta ad escluderne altri altrettanto interessanti o meritevoli. Ma perché sminuire le sorelle Williams? Perché criticare la scelta di proporre una carrellata di donne che hanno raggiunto tanto nella propria vita, stabilendo a priori che chi leggerà non avrà interesse ad approfondire l’uno o l’altro personaggio? Perché ironizzare sulle madri che, secondo la vostra analisi, acquistano il libro per sentirsi “delle brave mamme che crescono bambine ribelli e fighe”? Come sempre, il peggior nemico delle donne sono le donne… Personalmente, sarò contenta di regalare questo libro, specialmente alle bambine le cui madri non sono così “fighe” e non hanno il tempo o l’onniscienza di proporre questo tipo di contenuti “commercialmente” femministi. Così madri e figlie, insieme, potranno rispettivamente ricordare a se stesse e imparare che, sì, è possibile diventare una campionessa di tennis anche se sei povera, nera e nasci in un contesto sociale non proprio facile. Oltre ad essere una scienziata, politica, artista, musicista o quant’altro.

    • Silvia Sai Silvia Sai ha detto:

      Cara Giulia, ti invitiamo vivamente a leggere il libro in questione, e forse alla luce della sua lettura, potrai condividere qualcosa delle nostre parole che non sono pregiudiziali, ma volgono a stimolare un pensiero, non a condannare un libro (non ne abbiamo alcun interesse personale). Precisiamo inoltre che la nostra frase sulle mamme “fighe” non è un giudizio su chi acquista il libro, noi ci riferiamo all’intento delle autrici. Questo ovviamente il nostro pensiero. Grazie comunque per averci letto.

  13. Donatella ha detto:

    Posso permettermi una piccola provocazione, visto che sono 15 anni che pubblico libri pensando a giovani lettrici che non desiderino identificarsi nelle solite principesse rosa? Non penso a bambine ribelli ma a tutte le bambine. Raccontare l’universo femminile non stereotipato, far conoscere le diverse figure femminili non è per me un atto di ribellione, ma un atto di normalità. E non ho mi pensato a libri “per bambine”, ma per bambine e bambini perché se vogliamo cambiare qualcosa nell’immaginario delle nuove generazioni dobbiamo contrastare gli stereotipi sia se questi colpiscono le bambine che i bambini. Bambine e bambini, ragazze e ragazzi hanno bisogno di camminare insieme per diventare adulte e adulti liberi di essere, di desiderare, di diventare. E questa convinzione mi accompagna da anni in ogni libro che pubblico.

  14. Giovanni ha detto:

    potrei muovere le stesse osservazioni che puntigliosamente l’autore/autrice di questo brano pone sul 90% dei libri per bambini e bambine che vengono pubblicati in Italia. Il vero problema? Questo è un libro di enorme successo internazionale. Brutta cosa la gelosia, brutta cosa.

    • Silvia Sai Silvia Sai ha detto:

      Gentile Giovanni, vero è che molti libri editi per bambini e ragazzi non sono buoni libri, molti vanno ad ammiccare più all’adulto che al bambino. Non concordiamo però sul fatto che siano il 90%…ci sono tante belle storie, basta cercarle e scoprirle.
      Per quanto riguarda il suo riferimento alla gelosia, o meglio, credo lei si riferisca all’invidia, non ne comprendiamo il senso dato che noi non abbbiamo alcun interesse a parlare bene o male di un libro, non siamo editori, non siamo scrittrici né illustratrici, cerchiamo solo di diffondere belle storie e un pensiero attento.

    • Patrizio ha detto:

      Giovanni, hai letto le 4/5 storie fotografate come anteprima?

      io no, dopo le prime due scelte a caso non ce l’ho fatta ad andare oltre. Ora chiaramente io son un maschietto, e quindi qualunque cosa dica sara’ dettata dal fatto che voglio mantenere lo status quo (se ne esiste uno), ma le due storie che ho letto eran davvero scritte tremendamente male.

  15. MariaClara ha detto:

    Ho letto con molto interesse questo articolo, perché il libro mi incuriosisce molto.
    Parto dal presupposto di questa frase:
    “Questo è un libro pensato per far sentire le donne, ovvero le mamme che acquistano il libro, delle brave mamme che crescono bambine ribelli, fighe, come forse noi (perché pure io sono mamma!) non riusciamo a essere nella nostra quotidianità (e crediamo forse che nostra figlia si faccia ispirare da Hillary Clinton o da una guerriera Apache più che dalle figure a lei vicine?).” E non mi piace.
    Io sono una mamma che ama i libri e ama cercare dei libri ispiratori e forti per mia figlia. Leggo mille mila recensioni, mi informo. Ma se una mamma che ha un approccio diverso con i libri, che non sa, che tendenzialmente si libera la coscienza comprando l’ennesima avventura di Peppa o delle principesse di Frozen perché la bambina qualche libro deve leggerlo e poi arriva questa operazione di marketing assurda (effettivamente) di questo fantomatico libro e lo compra, a me sembra una cosa ottima.
    La bambina lo leggerà e come dicevano in qualche altro post, magari una di quelle storie desterà il suo interesse e la porterà ad approfondire o a cercare altri libri a tema. Ed è una brava mamma solo solo perché al giorno di oggi spendere 20 Euro per un libro mi pare una cosa veramente coraggiosa ; ). Sull’operazione di marketing poi, ne fanno una per ogni benedetto film della Disney e per altre amenità, una volta che è per un libro (con delle buone seppur ancora imberbe intenzioni) allora sono da applausi queste due autrici.
    Detto questo, complimenti per il vostro sito.

    • Silvia Sai Silvia Sai ha detto:

      Grazie MariaClara, il tema che pone è aperto e da molti condiviso. Se questo libro aprirà belle strade, noi ne siamo più che felici. Restiamo dell’idea che esistono tantissimi libri di qualità che possono ancor meglio non solo veicolare contenuti seri e interessanti ma anche far appassionare i bambini alla lettura. Libri che parlano davvero ai bambini. Noi, nel nostro piccolo, proviamo a diffonderli. Grazie ancora.

  16. Chiara ha detto:

    Ne parlavo proprio questa mattina con un’amica che mi chiedeva lumi circa questo volume. Mi occupo di genere per lavoro, ho una bimba piccina ed ho acquistato il libro con una punta di timore e di sospetto: non avevo grandi aspettative (a me, ad esempio, la copertina non piace), ma volevo comprendere appieno il fenomeno che si stava preannunciando (e che, puntualmente, è arrivato). Condivido la maggior parte delle cose che scrivete, in particolare – cosa su cui mi interrogavo proprio questa mattina – circa la grande perplessità circa l’età più adatta per proporre questo libro e – sopratutto – circa la modalità attraverso cui utilizzarlo. La forma frammentaria e superficiale delle storie evidentemente non ne permette una lettura “appassionata” o estremamente “partecipata”. Sono piccole cartoline, vicende umane raccontate con la complessità e lo spessore di una pagina di wikipedia dal linguaggio semplificato (ho utilizzato anche io esattamente lo stesso parallelismo anche io stamattina), per le quali è difficile sviluppare una passione travolgente attraverso la lettura.
    Eppure, nonostante l’inevitabile appiattimento della complessità e la superficialità che ne caratterizza la narrazione, è un libro che secondo me è utile avere in libreria – sopratutto (ma non solo) se si hanno delle figlie femmine.
    E’ vero quanto si segnala che i grandi personaggi della storia chiamano all’immedesimazione in base alle vicende umane che rappresentano e che queste possono spesso travalicare i generi. Ma è anche vero che la storia – quella con la S maiuscola, quella che si insegna a scuola – è una storia fatta di uomini maschi. Pensiamo a tutti i programmi scolastici e interroghiamoci su quante donne incontrano i nostri figli. Qualche regina per lo più sciroccata e sanguinaria, qualche affascinante divorcee americana che vale un’abdicazione, o per lo più giovani regnanti date in sposa a questo o a quello per consolidare regni e alleanze politiche. Avere da qualche parte un nutrito compendio di figure femminili che hanno realizzato imprese potenti è importante per cominciare a proporre una contro-narrativa (o forse, meglio, una co-narrativa) entro cui anche le donne trovano un proprio spazio di protagonismo. 100 storie non potevano essere approfondite, ma è proprio nella loro “numerosità” che risiede l’elemento più potente del libro: nonostante le disuguaglianze e lo svantaggio sociale iniziale a cui sono soggette le donne, guardate quante ce ne sono che hanno ottenuto risultati fuori dall’ordinario. Secondo me, anche solo affermare questo semplice punto di vista è procedere ad una (seppur piccola) rottura con gli immaginari e gli stereotipi che circondano le figure femminile e che le relega – per lo più – all’immagine della moglie/mamma che aspetta a casa (resistendo e lottando, ma questo nessuno te lo viene a raccontare) mentre l’uomo di casa conduce le sue battaglie e porta a termine le sue imprese. Si tratta di una lista di “modelli” su cui riflettere e da proporre per affrontare (forse) alcuni momenti spinosi nella crescita di una bambina, dove mostrare che c’è stato qualcuno (proprio come lei, un essere umano in carne ed ossa e non un ideale a cui tendere – incarnato da un uomo) che è riuscito a fare qualcosa di eccezionale, che ha fatto la differenza per la sua comunità o per la ben più ampia umanità. Le storie sono dunque spunti, forse da utilizzare alla bisogna, per riflettere su di un particolare momento nei percorsi di ricerca identitaria delle nostre bambine che – in questo non ci vedo superficialità -non mostri loro dall’altra parte della pagina un uomo ma faccia vedere loro una donna. Sopratutto se, aggiungo provocatoriamente, l’espressione più diffusa di modelli femminili in grado di auto-determinarsi a cui fanno riferimento sono le due bianchissime e bellissime principesse di un lungometraggio animato di una multinazionale dell’entertainment americana.

    • Francesca ha detto:

      “figure femminili che hanno realizzato imprese potenti”…Serena Williams? Ha vinto un sacco a tennis, ma è il suo lavoro! Far sembrare straordinario qualcosa che fa parte del proprio lavoro non mi sembra un buon modo per far passare il concetto.

      • Chiara ha detto:

        Beh, se è per questo anche la Montalcini o la Montessori o la Hack facevano semplicemente il loro lavoro, non per questo non sono donne da ammirare. Bisogna valutare ciascuna storia all’interno della sua cornice e non cadere in un eccessivo riduzionismo.

      • magda ha detto:

        in quel caso credo che vivere di qualcosa legato al tennis possa essere un lavoro, fare l’istruttrice ad esempio. Essere una campionessa è cosa ben diversa e esige un sacco di sacrifici, impegno, passione, non perdere mai di vista l’obbiettivo.. beh non è certo da tutti!

    • Silvia Sai Silvia Sai ha detto:

      Grazie Chiara, per il tuo commento e per aver condiviso il tuo pensiero ben articolato. Come non concordare con te? Due appunti soltanto. Nonostante la Storia sia popolata di esempi maschili, noi siamo convinte che è proprio allenando alla libertà e ad una mente aperta, all’esplorazione di sè e dell’altro, che si possono davvero cambiare le cose, coltivare persone, non modelli. In secondo luogo, perché proporre proprio questo libro, un libro sciatto e malfatto, persino impreciso storicamente e volutamente tendenzioso, e non uno dei tanti bei libri con donne, anche reali, protagoniste delle altro vita? Un’insegnnate, o un genitore, che sia alla ricerca davvero di libri che aprano la mente con begli esempi di vite femminili, può entrare in libreria e trovare piccoli tesori, certo, molto meno pubblicizzati di questo. Non credi?

      • Chiara ha detto:

        Ciao Silvia,
        Sicuramente in libreria si trovano delle perle fuor di misura rispetto a questo libro. Penso ai libri dedicati al tema “genere” delle edizioni SetteNove, ma mi verrebbero in mente anche altri esempi. Sono libri che possiedo e che propongo alla mia bimba (mentre, ad esempio, questo non ho mai nemmeno pensato di farglielo vedere: è ancora troppo piccola e – come scrivevo nel mio commento – non mi è ancora del tutto chiaro in che modo potrebbe essere impiegato). Eppure io non mi sento di demonizzare questo testo perché – per le ragioni che sopra adducevo – può avere un suo senso e una sua utilità. Senza andare a concentrarsi sugli aggettivi proposti nel titolo, volutamente legati a strategie di marketing che hanno un pubblico ben preciso in mente (e che non è, ma questa è una riflessione personale non corroborata da alcun tipo di dato empirico, quello che tradizionalmente compra la SetteNove o frequenta le librerie specializzate). I punti di forza di questo libro – mi ripeto – mi sembrerebbero essere l’altissimo numero di esempi che propone, l’eterogeneità delle storie che presenta e la possibilità di approfondimento che apre a fronte di questa scelta. Questi non bastano sicuramente a renderlo un buon libro, ma sono sufficienti per farne un libro accettabile, sopratutto perché – come giustamente ricordava qualcuno in uno dei commenti – in moltissimi contesti il tema della diversità e della valorizzazione delle figure femminili è ancora ben lungi dall’essere anche solo tenuto in considerazione o problematizzato. Come si dice, non bisogna buttare via il bambino con l’acqua sporca, ma cercare di capire davanti ad un fenomeno del genere quali possano essere le azioni migliori da intraprendere per sfruttarne al meglio il potenziale.

        Ps. Un aspetto – seppur indiretto – che ho apprezzato della campagna di marketing del libro è stato il video diventato virale della mamma e della bambina che svuotavano la libreria seguendo i principi del Bachdel Test (un test elaborato per valutare la presenza femminile all’interno dei film). Forse il video vale il libro, chissà!

  17. Elena ha detto:

    Ho apprezzato moltissimo la vostra recensione. Il libro mi era stato segnalato, non l’avevo ancora sfogliato ma già dal titolo non mi aveva convinto. Condivido in pieno l’osservazione sulla difficoltà ad individuare un target – troppo complesso per un pubblico molto giovane, troppo superficiale per un pubblico più grande. Il formato enciclopedico mi rende perplessa: se non c’è immedesimazione, se non c’è profondità, se le esperienze di vita non sono sviscerate nella loro dimensione emotiva e di “costruzione della personalità” ma ridotte a un sommario, trovo che il potere liberatorio, catartico (posso dire terapeutico?) della lettura venga a mancare e con esso il suo valore di ispirazione, se questo era quello che le autrici si prefiggevano. Ho due figlie di 4 e 6 anni e un bimbo di 2 e mi rendo conto subito di quando una storia li coinvolga, perché poi la giocano, la rappresentano, la disegnano, la mimano, modificandola anche. La rivivono, un sacco di volte. Non ce li vedo a rivivere una biografia di una pagina, che per forza di cose appiattisce. A chi sostiene che sia meglio di niente, mi verrebbe da rispondere che non è di un bigami che abbiamo bisogno. Non è di semplificazioni – di quelle ne siamo pieni ormai. E’ di profondità e complessità, di spessore, di personaggi a tutto tondo, con le loro crisi, i loro dubbi, le loro ispirazioni, le loro sfide, le loro difficoltà, i loro amici e nemici. E se il pubblico è superficiale, non trovo sia un motivo sufficiente per rinunciare a trattare temi complessi (e il tema del ruolo della donna nella società sicuramente lo è) in maniera complessa. La sfida sarebbe rendere questi temi leggibili mantenendoli “vivi”, vibranti, senza appiattire i personaggi e quindi rendendoli davvero delle “ispir-azioni”, magari con un po’ di poesia e, perché no, di senso dell’umorismo.

  18. sono libraia a Bologna
    seguo il progetto dall’inizio
    lo vedo come un libro strumentale
    parti da cento storie, ne scegli alcune, ci parli su, non regali per una volta un libro da femmina
    quindi lo apprezzo e lo proporrò.

    Comprendo l’analisi fatta e ne condivido anche le motivazioni, ma spesso il pubblico non è così raffinato, e un libro come questo, anche furbo, è uno strumento di lavoro.

    Nicoletta Maldini

    • Francesca ha detto:

      Le parole “per bambinE” non ti fa pensare ad un libro da femmine? Sono libraia anche io. Non conosco un adulto che comprerebbe un titolo così ad un maschio (fatta eccezione per tutti quegli adulti che non avevano bisogno di questo libro per trattare l’argomento)

    • Silvia Sai Silvia Sai ha detto:

      Grazie Nicoletta, che dire, da librai saprai meglio di noi che esistono altri libri, di qualità vera, e soprattutto belle storie, che si possono proporre. Libri con protagoniste femmine, libri con protagonisti maschi in cui ognuno può identificarsi, libri con protagonisti neutri, libri con donne realmente esistite. La nostra opinione è che chi opera nella cultura deve proporre il meglio, non il meno peggio, ma il dibattito è certamente aperto. Grazie.

  19. sabrina ha detto:

    Questo libro sembra dare lo stesso spazio al testo e alle illustrazioni. Queste ultime possono valere l’acquisto?

    • Silvia Sai Silvia Sai ha detto:

      Ciao Sabrina, le illustrazioni sono funzionali al testo, lo affiancano con dei ritratti. Non aggiungono nulla di più, non hanno forza narrativa. Quindi la nostra risposta è no ?

  20. Marco ha detto:

    Tutto vero. Oh che bello sarebbe il mondo fosse pieno di persone che colgono anche solo metà delle sfumature e delle cose piene di senso che avete scritto. Sarebbe davvero un paradiso. Invece mi spiace mettervi al corrente che c’è gente, e sono moltissimi, che difficilmente porterà il proprio figliolo più in là del suo pianerottolo. C’è tanto mercato in questo libro ? Si. C’è tanta superficialità ? Si! Le piante nascono però da dei semini piccoli piccoli. Uno non riuscirebbe a crederci ma dentro quel piccolo semplice e banale seme c’è un albero. In un mondo di stimoli così veloce da non stimolare niente certe cose veloci semplici e accessibili hanno quel gusto di speranza per tutti. Come quella trasmissione “non è mai troppo tardi”. Buttateli questi semi perché la perfezione è da sacrificare quando si vuole costruire qualcosa. Perché in questo gioco al massacro di tutto quello che è criticabile non resta più niente.
    Portiamocela dietro la zia che compra tea stilton alla nipote di 13 anni, diamo una spinta a quelle mamme che ancora fanno attaccare adesivi a bimbe di 8 anni. È migliorabile ? È banale ? Si ….. Ma è meglio??
    Usiamola la speranza e auguriamoci che una lettrice di 10 vada a scavare una storia delle 100 raccontate.
    Difendiamo l’accessibilità.
    Lo dico da libraio lo dico da zio lo dico da rompi maroni….

    • Silvia Sai Silvia Sai ha detto:

      Marco, comprendiamo il tuo pensiero. A noi piace però piantare semi di qualità, non semi sterili. Ci piace diffondere belle storie davvero, perché i bambini ne hanno diritto e noi li rispettiamo così, proponendo e diffondendo il meglio, non il meno peggio tanto…evviva la speranza. Se uno davvero ha a cuore il tema della identità di genere e della diversità, o degli stereotipi, come linsi voglia chiamare, può andare in libreria e chiedere, troverà di molto, molto meglio. Se poi, come abbiamo scritto, da questo seme così pubblicizzato, nascerà per qualcuno una pianta, noi ne siamo ben felici!

  21. Paola ha detto:

    Al contrario di chi ha comprato il libro con entusiasmo, io l’ho preso con una punta di sospetto, perché i libri in cui si inzeppano molte storie non sono mai esaustivi, e per forza sono superficiali. Però non si può paragonare questo libro che mette insieme schede di donne famose a romanzi: nel romanzo la complessità si dispiega, e l’identificazione con il personaggio è il perno con cui il lettore dialoga con la storia. Questo non era il progetto, e credo anche che bisogna stare attenti a distinguere tra scrittori e “autori” di un progetto editoriale. Gli scrittori hanno una visione poetica e non banalizzano, perciò non ci stanno in poche righe a raccontare una vita. Lo fanno i redattori, i copyrighter. Detto questo, io il libro non lo condanno, anzi, alla fine lo apprezzo. Dopo tanti tomi sugli esploratori e gli scienziati, rigorosamente maschi, un centinaio di donne celebri non perché belle mi pare non guasti, anzi.

    • rosa maria ha detto:

      Condivido il tuo pensiero sugli scrittori. Credo che tu abbia centrato il problema.

    • Silvia Sai Silvia Sai ha detto:

      Gentile Paola, si può fare un buon libro, un albo, una graphic novel, un racconto di qualità anche senza arrivare al romanzo. Se ben fatto, aprirà davvero nuovi orizzonti e un percorso di identificazione, anche in poche pagine.

  22. Francesca ha detto:

    Io l’ho comperato il giorno in cui è uscito in Italia, l’idea “teorica” mi piaceva tantissimo.ho finito di leggerlo da qualche giorno ed effettivamente l’ho trovato parecchio superficiale.ognuna delle vite di queste donne aveva spunti immensi da approfondire…credo che per una bimba o per un bimbo che le legga o le ascolti sia difficile sviluppare empatia con i personaggi, il testo è breve e mai profondo e caldo. Sn comunque contenta di averlo comperato finanziando un progetto di due donne che evidentemente di base hanno a cuore le donne.mi auguro possa essere lo spunto per nuovi progetti sviluppati meglio.

  23. Francesca ha detto:

    Sono una libraia per bambini e sono pienamente in accordo con questa analisi. Purtroppo accade troppo spesso che i libri si vendano perché ben sponsorizzati. Questo libro non rappresenta una novità ma ha avuto un successo mediatico tale da farlo sembrare eccezionale. Nel 2013 è uscito “Le regine della scienza”, Anicia edizioni. Il titolo non è fuorviante e le biografie proposte hanno davvero un valore…ma chi lo conosce?

  24. Silvia Battistini ha detto:

    Io l’ho comprato e l’ho letto quasi tu
    tto. L’ho letto anche a mia figlia che ha sei anni. Le è piaciuto molto. Le storie sono brevi ma possono essere considerate come spunto di approfondimento.

    • Maeva ha detto:

      Comprato e regalato. Lo sto leggendo con mia figlia e mio figlio, ad entrambi piace molto. Sono contenta del mio acquisto e credo proprio che lo leggerò fino in fondo .. ed alcune storie magarie le leggerremo anche più di una volta.

  25. Carlotta ha detto:

    Ho sostenuto il crowdfunding circa un anno fa, e sono stata tra i primi cento sostenitori, ho ricevuto il libro e tutti i rewards il 25 novembre scorso. Ho sostenuto il progetto perchè mi sembrava lodevole e seguivo i libri e le app per bambini della loro azienda Timbuktu già da qualche tempo. Nonostante tutto anche io non sono rimasta molto soddisfatta di come hanno scelto di raccontare e in effetti trovo il libro abbastanza “semplice”. Una cosa che può essere interessante è pronunciare e diffondere informazioni su tante donne misconosciute. Non ho comprato l’edizione italiana, quindi non ho idea di come sia stato tradotta. Tuttavia credo che sia giusto comprarlo. Grazie

    • Silvia Sai Silvia Sai ha detto:

      Grazie Carlotta, anche noi eravamo incuriosite fin dalla campagna di crowdfunding. Esistono altri libri ben più di qualità che non solo trasmettono informazioni, ma raccontano belle storie che possono appassionare la lettura.

  26. Flavia Eleonora ha detto:

    non ho letto il libro, ma confesso che di primo acchito, così solo per il titolo scelto per il tema trattato non mi ha ispirato altro che le considerazioni che ho poi letto qui sul vostro blog. Quindi confermando la mia impressione basata solo su video promozionali visti in rete e sulla copertina.
    mi è spiaciuto molto proprio, pensa te!, il messaggio che si vuole dare alle sole femmine: siate ribelli. che poi ribelli di che? facevano vedere in un video che madre e figlia eliminavano libri in cui le femmine protagoniste ricevono un aiuto dall’esterno, come se farsi aiutare o avere accanto un uomo o una donna che sproni e che sia di esempio quotidiano fosse un demerito.
    Nella fiaba e anche nel romanzo, il ruolo dell’aiutante è fondamentale, oltre al fatto che insegna la condivisione e a non isolarsi.
    Vorrei dire uno scontato “americanata”, perchè tipico di quella cultura ridurre tutto a frasi motivazionali ad effetto, senza scavare in profondità, senza curarsi di tutto un contorno che è invece fondamentale nella storia stessa.
    Brave e grazie per avermi confermato nella volontà di non acquistare il libro!

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