La casa sul lago

La casa sul lago è il tipico albo illustrato che mi coinvolge emotivamente.
Non riesco a restare indifferente a quelle storie che raccontano lo scorrere del tempo e dell’esistenza, tanto più se hanno come punto di osservazione fisso un oggetto, come una casa, in questo caso. Mi ha commosso, e mi commuove ad ogni nuova lettura la Casa del tempo di Roberto Innocenti, un capolavoro inimitabile, similmente mi ha commosso il libro edito da Orecchio Acerbo, scritto da Thomas Harding e illustrato da Britta Teckentrup, artista che amo moltissimo e che qui si esprime al meglio.
Questo tipo di storie spingono ad allontanare e allargare, come attraverso un grandangolo, la visione sulla nostra vita, riposizionandola, piccola come è, nell’infinito e inevitabile scorrere di qualcosa di più grande. Provo un senso di smarrimento di fronte a questa piccolezza, ma il radicamento di una presenza che resta, resiste, assume nuove forme e vite, come quella della casa, mi offre un confortante appiglio.
E questa casa sul lago è un appiglio tenace e delizioso.

La scintilla che muove la narrazione è la ricerca di un passato che non c’è più, ma c’è la casa che (r)esiste ancora, nonostante sia abbandonata da quindici anni, “le pareti stanche”, le finestre rotte.
Thomas Harding la ritrova, la riconosce come la casa costruita dal suo bisnonno a inizio ‘900, e decide di trasformare il passato in memoria, perché “vede che la casa ha bisogno d’aiuto”: ora la casa si chiama Alexander Haus, è visitabile e ospita un centro per l’educazione e la riconciliazione, come si legge nell’appendice finale del libro.
E così, insieme all’autore, entriamo anche noi nella casa, e quasi sentiamo crescere un sincero affetto per quella casetta di legno, bassa e lunga, con un portico e un bel giardino, circondata di natura e proprio accanto al lago. Iniziamo la ricerca, o meglio il viaggio nella Storia e nelle storie, a volo d’uccello su un secolo intero, accanto a “una casa in prima linea sul fronte della Storia”.
La lente è quella del grandangolo, ma l’effetto zoom ci porta ad osservare da vicino le quattro famiglie che nella casa si susseguono, e le cui esistenze, e sorti, sono legate alla Storia della Germania, perché da lì nessuna famiglia ha mai scelto di andarsene di propria volontà. La Storia è sempre intervenuta, con una guerra, un carrarmato, la morte. D’altra parte, in un secolo di Storia, la città di Berlino ne ha vissute tante.
Quasi come dei vicini di casa, conosciamo la famiglia ebrea del dottore gentile, il bisnonno di Harding, una famiglia felice; incontriamo una famiglia di artisti vicina ai nazisti, poi una coppia di rifugiati, infine la famiglia di un camionista, “un uomo dal cappello di pelliccia”, divenuto informatore della Stasi. E dunque non solo la guerra, ma anche il muro di Berlino, costruito proprio a separare la casa dal lago, “con alte torrette e fari potenti, e cani che latravano”.
La casa ci viene mostrata poco nella sua parte interna, nessuna descrizione e solo qualche accenno visivo. La avvertiamo viva, però, e quasi sussultiamo con lei, quando gli aerei di guerra la sorvolano, e “i piatti e le tazze tremarono in cucina”. Siamo dentro la casa, e immersi nella storia, totalmente.
A ben vedere, l’immersione nel quale il lettore è attratto è facilitata dalle presenze umane di cui si racconta ed è resa tangibile grazie alle caratteristiche del linguaggio testuale e visivo. Il testo infatti è misurato e abbastanza breve, ma si avvale di un linguaggio concreto e un lessico preciso che evoca una concretezza di gesti, suoni e rumori permettendo una rappresentazione mentale di immagini evidenti. Evidentemente ottimo è stato anche il lavoro di traduzione.
Coltivavano asparagi e lattuga e raccoglievano le uova delle loro galline. Giocavano nel giardino e nuotavano nel lago. La sera, il dottore si sedeva accanto al fuoco e leggeva storie ai bambini.
Allo stesso modo, le illustrazioni della Teckentrup vanno a cogliere gesti, movimenti, dettagli ben connotati, mentre riempiono le pagine con intensa profondità, con una tecnica di sovrapposizione di colori, texture, forme, che dà l’impressione di strati sovrapposti, come sovrapposte sono le vite delle diverse famiglie che hanno abitato la medesima casa.
Nelle pagine i personaggi sembrano fluttuare, talvolta ombre, il più delle volte di una consistenza diafana, quasi eterea, a ricordare che sono solo presenze in transito nella casa così come nella vita.
La ruota dei giorni scorreva.
Le ombre sono anche quelle belle della notte “quando tutta la famiglia dormiva (e) la casa tratteneva i loro sogni”, sono quelle di “uomini rabbiosi” che picchiano alla porta, dei bombardamenti, delle camere buie quando la casa è lasciata sola, sono le ombre del grigiore del muro che incombeva e “sembrava non dovesse andarsene mai più”.
Poi, tra un’ombra e l’altra, arriva sempre la luce, così pulita che esalta i colori, quel tipo di luce che chi ha vissuto le estati e gli inverni di Berlino sa che è proprio così, luminosa. E’ la luce che esplode nella tavola finale, quando “la casa sul lago era di nuovo felice”.
P.S. Ricordo di aver letto anni fa un racconto di Italo Calvino, nel quale il grandissimo e da me amatissimo scrittore poneva al centro della narrazione una casa che resiste nella sua identità, grazie a degli spiritelli legati all’abitazione (se ben ricordo) nonostante l’avvicendarsi di diversi inquilini. In realtà di spiritelli ne esistono di due tipologie: alcuni sono legati alla casa e non la lasciano mai; gli altri si identificano invece con le persone e quindi abbandonano la casa quando esse se ne vanno. Un racconto che mi ha molto colpita ma purtroppo non ricordo il titolo, se qualcuno lo conosce e mi vuole aiutare a ritrovarlo gliene sarei grata!
LA CASA SUL LAGO
di Thomas Harding (testo) e Britta Teckentrup (illustrazioni)
Traduzione di Carla Ghisalberti
Anno di pubblicazione: 2020
48 pp. | 28 x 25,5 cm.
Prezzo di copertina: 15 euro
Età di lettura: dai 6 anni
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