Questo consiglio di lettura si compone di due parti: la prima è scritta da me, Silvia, la seconda (dopo la foto) da Vittoria De Vivo, ragazza di 3^ media che partecipa a “Lettori contromano”, un gruppo di lettura da noi guidato a Reggio Emilia. La ringraziamo infinitamente per aver accettato di condividere il suo pensiero!
Le pietre nere
Spesso si dice che la buona letteratura per ragazzi sia da ricercare in quei libri che, forse, nell’immediato lasciano interdetti, spiazzano, scuotono, scavando però nel tempo tracce profonde, sprazzi di inconsapevole riflessione.
Ebbene, Le pietre nere accoglie queste caratteristiche perché contiene più di un elemento dissonante sia nella trama che nelle scelte narrative. Ancor più perché qui Guus Kuijer si discosta in parte dalla poetica alla quale aveva abituato i suoi lettori. Non un libro che piace a tutti, ma un libro che si presta a confronti e dialoghi accesi in una comunità di lettori (e questo ci piace sempre no?).
Difficile connotarlo con un genere preciso perché contiene una storia di formazione, distopia, avventura, mistero e fantastico. Siamo in un tempo e in un luogo non definiti, in una società classista divisa tra commercianti e cavatori che, ci viene raccontato, vive nella piena e acritica accettazione del suo funzionamento: i cavatori, controllati dalle Guardie, devono costruire la Torre, altissima, con delle pietre nere. Perché? Fino a quando? In nome di quale ideale?
Nessuno se lo chiede tranne qualcuno che, ovviamente, svolge nella storia un ruolo fondamentale (altrimenti non ci sarebbe nessuna evoluzione narrativa!). Dolon, un ragazzo “cavatore”, lentamente dà ascolto e poi decifra il proprio malessere nella ricerca di un senso a tutto ciò. Accanto a lui, altri personaggi fungeranno da rivelatori perché, come lui ma in modo diverso, attivano un pensiero critico: il fratello gemello Omar, una ragazza dei commercianti Brigan, il vecchio Dramok.
Mentre siamo trascinati da Kuijer nell’insensata ripetitività e fatica di giorni uguali a se stessi, di parole che non possono essere pronunciate e domande che non possono essere fatte, di divieti mai pronunciati apertamente, ecco in quest’atmosfera scorre la prima buona parte del libro, lenta e preparatoria a una seconda parte inaspettata, non tanto perché molto accelerata nel tempo della storia ma perché non va nella direzione logica e chiarificatrice che forse ci si aspetterebbe. Si perdono alcuni personaggi, se ne guadagnano altri, come Guida, una ragazza.
Inizia qui quello che ricorda il viaggio dell’eroe, di Dolon e Guida, un viaggio fantastico, di formazione, avventura e amicizia, con caratteristiche un po’ particolari. Non ci sono dialoghi serrati, parole complesse, né descrizioni dettagliate di ambienti o personaggi, ma un intreccio articolato, anche nei punti di vista, dove personaggi, sentimenti e azioni acquisiscono un’universalità che va oltre il libro specifico in cui sono contenuti.
In un romanzo che scuote il lettore suscitando attesa, rabbia, frustrazione, curiosità, moltissimi sono i temi: i sistemi di potere anche tra popoli diversi, i soprusi e le crudeltà, le conseguenze di un pensiero divergente, la cecità di fronte a evidenze concrete, il rapporto uomo-natura, la libertà e l’immaginazione, la strenua ricerca di una risposta ma anche l’accoglienza di un destino aperto, forse già scritto in ciò che si ripete nel passato, o forse diverso.
Un finale aperto, un libro che lascia molte chiavi di lettura e più pensieri che risposte. E che, proprio per questo, consiglio.
La torre era immensa e gli esseri umani insignificanti. Era per questo che Dolon la amava, perché toglieva importanza a tutto il resto. Tristezza, dolore, inquietudine… Sotto la torre ogni cosa diventava banale.
Sinceramente a me è piaciuto molto come libro, nonostante avesse dei capitoli piuttosto lunghi e il finale sia stato… forse un po’ deprimente (ma io non mi lamento di questi tipi di finali), perché secondo me è scritto molto bene e si capiscono bene le scene, le emozioni e le intenzioni dei personaggi. Infatti Dolon, Omar, Guida e Dramok mi sono piaciuti un sacco (anche Brigan, anche se mi è dispiaciuto per la vita vergognosa e priva di senso che si è ritrovata a fare), per non parlare di cosa ha dovuto passare Omar…
Inoltre mi è piaciuta anche molto la psicologia contorta del libro, di come i “cavatori” fossero costretti a fare quella vita senza neanche sapere di esserne costretti e senza conoscere niente del mondo esterno, di come alcuni ragazzi tra cui Omar erano certi che esistesse qualcosa di migliore o semplicemente di diverso ma non potessero raggiungerlo, dell’impassibilità di fronte alla morte di uomini e bambini a causa di un motivo inutile e irraggiungibile ma che era ciò in cui tutti credevano, di tutto ciò che Dramok e Virva sapevano e non potevano dire, di come alla fine il popolo dei cavatori non abbia comunque accettato la realtà nonostante tutte le prove a cui non volevano credere, dell’isolamento a cui è stato costretto Dolon…
So che c’è un passaggio un po’ veloce nella seconda metà del libro, dopo che Dolon e Guida sono scappati dalla città dei cavatori e dalla Torre e quando poi passano circa dieci anni prima che tornino lì, ma sinceramente mi è sembrata bella anche quella descrizione. Inoltre ho trovato interessante il fatto che nessuno fosse veramente cattivo, ma era l’ideale della torre in sé che faceva compiere tutte quelle azioni orrende senza che nessuno se ne rendesse conto.
Insomma, è un libro che di sicuro consiglierei, l’ho trovato molto appassionante!
LE PIETRE NERE
Guus Kuijer
Traduzione di Valentina Freschi
Camelozampa, 2023
Alta leggibilità con il font EasyReading
328 pp. | 14 x 21 cm.
Prezzo di copertina: 17,90
Età di lettura: 13+
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