Sauveur & figlio, di Marie-Aude Murail, è una serie che amo moltissimo. Nella speranza che arrivino presto in Italia anche altri volumi, la consiglio a ragazzə e adulti, appassionati di storie familiari, adolescenze, psicologia e, forse più semplicemente, di storie umane.
Benvenuti dunque a Orléans, Francia, dove Sauveur Saint-Yves, uomo affascinante, piglio rassicurante e voce profonda, esercita la professione di psicologo nella sua casa divisa tra abitazione e studio. Sauveur è vedovo ed è nero. Trasferitosi in Francia, è infatti originario dalla Martinica, adottato lì da una coppia di bianchi (per questo soprannominato in Martinica “Bounty”). Lazare è suo figlio, un po’ solitario, ma sveglio e curioso… nel primo volume riesce a spiare le sedute del padre con i/le pazienti, con (per noi) un pizzico di perturbante! Sauveur si fa conoscere pian piano, nel corso dei volumi ne conosciamo il passato, i dubbi, i pensieri, le insofferenze, gli sbagli, le preoccupazioni, gli affetti.
I capitoli scandiscono le settimane e gli appuntamenti di Sauveur. L’addentrarsi nella relazione con il terapeuta è per noi lettori molto affascinante anche perché, pur tenendo saldo il punto di vista su Sauveur, la Murail lo sposta anche sui pazienti nella loro quotidianità oltre la terapia (alcuni ricorrenti nei volumi, altri unici). Impossibile non affezionarsi ad alcuni di essi!
La dimensione quasi “corale” di questa serie non è data solo dalla molteplicità di personaggi-pazienti ma anche dalla vita privata di Sauveur che si affolla sempre più, con la crescita di Lazare, la nuova compagna, il 16enne Gabin, fino a uno strambo senzatetto, e persino dei criceti! (perché Sauveur è un uomo incapace di non aiutare gli altri).
Ne risulta un affresco attuale, appassionante e caloroso di adolescenze, infanzie, coppie, famiglie, spesso inadeguate o impreparate alla vita, storie di cambiamento, senza forzatura verso un lieto fine, umanità che resistono e lottano. La narrazione delle sofferenze avviene come la Murail sa fare, senza appesantimento o stereotipie, ma con sensibilità e un pizzico di assurdo in situazioni buffe e sempre più ingarbugliate… c’est la vie!
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