In Gorilla ritroviamo moltissimi dei temi iconici e narrativi cari a Anthony Browne: il gorilla, disseminato in vari personaggi e luoghi (quadri, libri, giornali, alberi), la presenza delle ombre così simbolica nel rimarcare la presenza di oggetti e persone, la tensione narrativa, resa anche attraverso un gioco di luci, ombre e volumi.
Anna ama i gorilla, li conosce in tutte le loro forme ma non ne ha mai visto uno dal vero, perché suo papà non l’ha mai accompagnata allo zoo.
Anna, infatti, è una bambina che vive una grande solitudine affettiva nel rapporto con un padre sempre al lavoro, troppo impegnato, o troppo stanco.
Ce lo racconta anche con poche lapidarie frasi: “Lui, non aveva mai tempo per nulla”, “Non avevano mai fatto nulla insieme”. Un nulla che affiora prepotente anche nelle immagini, a raccontare i silenzi e i mancati incontri, anche di sguardi. C’è sempre una sorta di muro tra padre e figlia, ora un giornale aperto, ora le spalle del padre, ora la televisione come unico contenimento, o sfogo, della solitudine di Anna.
L’unica compagnia, quasi ossessiva, sono i gorilla. Quelli che Anna vede nei libri, alla televisione, sulla lampada di camera sua, e quelli che il lettore continuerà a notare nei vari indizi seminati da Browne.
Ma Anna sta per compiere gli anni, e tutto ciò che Browne racconta avviene durante la notte precedente il suo compleanno. Anna ha chiesto al padre in regalo un gorilla, vero. E quando, nel cuore della notte, Anna si sveglia e dal pacchetto ai piedi del letto emerge un gorilla giocattolo, la delusione, e la rabbia, è enorme.
E qui entra in gioco il genio di Browne, con una sequenza magistrale quanto impattante: pian piano, il gorilla giocattolo cresce, cresce e cresce (spaventando la bambola accanto!) fino diventare un gigante gorilla, vero. E buono.
E’ piuttosto intuitivo vedere in questo nuovo amico e compagno di avventure notturne il simbolo dei desideri (mancati) di Anna: una persona con cui trascorrere un po’ di tempo, una persona che si prenda cura di lei facendole vivere piccole cose importanti come un cinema, la visita allo zoo, una buona merenda, un ballo al chiaro di luna.
Eppure è così, il gorilla indossa cappotto e cappello del padre, e si avvia con Anna lanciandosi da un albero all’altro in un viaggio che riempirà Anna di felicità. Impossibile, per il lettore, non vivere la gioia di Anna, con Anna.
Ma il gorilla è anche una speranza che si fa promessa: “ci vediamo domani”.
E il mattino porta con sé il gorilla, di nuovo giocattolo, in una meravigliosa tavola in primo piano, e il sorriso di Anna. Un sorriso che diverrà ancor più reale nella conclusione, in cui vediamo sciogliersi l’affetto del padre in una semplice proposta: “vuoi andare allo zoo?”.
Gorilla è un libro che sconfina l’immaginario, pone domande, interroga il lettore su molte questioni: è stato tutto un sogno? Il gorilla tornerà nuovamente le notti successive? Come cambierà il rapporto tra Anna e suo papà? Il gorilla è reale?
La realtà è magia quotidiana, è specchio di una vita sognata e ardentemente desiderata.
Lascia un commento