La storia non lascia quasi mai respiro, il lettore si troverà travolto da una serie di colpi di scena, cambi di scenario, personaggi, problemi da affrontare, risolvere e di nuovo affrontare.
Tutto ciò che accade è assolutamente – anche per il lettore – inaspettato, imprevedibile, assurdo. Sin dall’esordio, che ci accalappia senza scampo.
E’ la voce narrante, quella di una ragazza o giovane donna, non abbiamo elementi per definirlo, a raccontarci, come protagonista della storia, ciò che dà avvio all’avventura.
Un giorno, sull’uscio di casa, lei trova una grande massa grigia con un biglietto appeso al collo. Si renderà conto quasi subito che è un cucciolo di elefante di nome Dailan Kifki che, come invita il bigliettino, si affida alle sue cure, perché abbandonato.
La ragazza decide di prendersene cura per qualche giorno e comincia a occuparsi delle questioni più pratiche: trovargli uno spazio – il giardino della casa in cui abita con i genitori e il fratello – e nutrirlo – e cosa mangia un elefante? pappa d’avena!-.
I primi capitoli sono ambientati nel giardino di casa, lasciando trapelare quella cifra di assurdità che diventerà caratteristica di tutta la narrazione.
L’elefante si dimostra un grande lavoratore e inizia ad annaffiare il giardino, mangia chili di pappa d’avena, ed è una presenza piuttosto evidente: la mamma sviene, il padre tossisce, il fratello commenta “siamo fritti” (frase che ripeterà molte volte), la zia Clodomira sviene pure lei.
Il primo vero problema si pone quando ben presto l’elefante accusa un gran mal di pancia.
E’ notte e la giovane protagonista prova a chiamare il veterinario; una serie di “bau” e “miao” la convincono a cercare aiuto in altri, e chi meglio se non i pompieri?
Il personaggio del pompiere (cui si aggiungeranno altri pompieri) sarà determinante nella storia e nella vita della ragazza, ma qui non sveliamo nulla più. Parla sempre in rima ed è figura davvero divertente.
La soluzione per lui è semplice: fare impacchi di radicchio e segatura. Ma come trovare montagne di segatura? Ovviamente dal mobilio di casa che viene nottetempo trasportato in giardino e ridotto in segatura.
Immaginate il risveglio dei familiari?
Per rimediare, la ragazza si reca dal falegname il quale prospetta come unica soluzione piantare un semino, affinché cresca e diventi albero e legno.
Accade però che il mattino successivo il semino riposto sottoterra in giardino è diventato un albero enorme sul quale giace ancora addormentato Dailan Kifki.
Come farlo scendere? Qui si pone un altro grande problema la cui soluzione vede la collaborazione di diversi personaggi che pian piano entrano nella storia diventando veri e propri coprotagonisti: il fratello, i genitori, il nonno, la zia, i vicini di casa, il pompiere, il sindaco e ministri, segretari, funzionari vari (la parodia della burocrazia è molto evidente in tutta la storia)…
Viene deciso di costruire un paio di ali per permettergli di alzarsi in volo e così scendere dalla pianta. Qualcosa però va storto, perché Dailan Kifki e il pompiere pare si divertano moltissimo a volare…
L’avventura diviene un viaggio di gruppo alla ricerca di tentativi per riportare a terra i due e fare ritorno a casa. Si susseguono situazioni multipli e personaggi che proporranno soluzioni spesso esilaranti, non di rado generatrici di ulteriori problemi.
Nella seconda parte del libro, la scena si sposta nel bosco di Gurlubù in cui regna il mago Barba Bietola – splendido personaggio!-, un bosco che appare dal nulla per poi scomparire ripiegandosi su se stesso come un pop up, un bosco magico e zeppo di sorprese, personaggi e avventure.
E così in un gruppo di persone che inizialmente mal si sopportavano le diffidenze e le ostilità si dissolvono nell’affrontare un problema dopo l’altro e nel godere di momenti insieme.
Non solo si crea un gruppo affiatato ma ognuno sarà valorizzato nelle proprie competenze. Accade tutto così, sempre con estrema leggerezza.
I pompieri interverranno quando saranno utili al gruppo le loro competenze, le varie autorità faranno valere il loro prestigio nei momenti di disordine, il nonno dispenserà noiosissime lezioni, la madre ripeterà all’infinito consigli sul futuro della figlia, il fratello troverà sempre il modo di convincere Dailan Kifki a fare qualcosa.
Ognuno di loro finisce per affezionarsi ai compari e alla missione comune, ricollocando il proprio ruolo in relazione agli altri (anche gli alti funzionari!).
Resterete sorpresi di come la magia e l’assurdo si sciolgano nella realtà, irrompendo nelle nostre concezioni consolidate di “possibile”. Il quotidiano si mescola alla fantasia, in modalità decisamente non scontate.
Tutto è vorticoso e in continuo mutamento.
Ma c’è un grande ordine, in realtà.
Il groviglio di situazioni è gestito dalla scrittrice argentina con una perfetta regia del ritmo – pause nei punti giusti per poi accelerare –, nella trama – cadenzata in 48 capitoli –, nella bella scrittura – limpida e lineare -, e nel tenere sempre agganciato il lettore con continui appelli a lui diretti.
L’irrazionalità che emerge prepotente è stemperata da un’estrema razionalità della composizione narrativa.
Ciò che in definitiva fa l’autrice è restituire alla fantasia un orizzonte di senso, riponendola in un luogo noto al lettore, rendendola credibile in un linguaggio concreto e familiare.
L’assurdo si colora di tinte di assoluta normalità.
Non è forse questa una cifra stilistica caratteristica degli scrittori sudamericani?
Bellissima storia! Belle anche le illustrazioni 🙂
Tutto bellissimo ?