Il gioco e l’immaginazione sono il filo rosso della storia. Nelle prime pagine conosciamo Piccolo Elefante, che tanto ricorda un vivace bimbetto, intento a godersi le acque del mare, canticchiando tra sbuffi e barriti. Conosciamo ben presto anche la mamma, “una gigantesca figura grigia che indossava enormi occhiali da sole e un gran cappello di paglia”, e la smodata passione per il cibo di Piccolo Elefante!
“Il panorama mi fa venire in mente il panino, il mare la marmellata di amarena e poi, sai Mamma Elefante cosa mi ricordano gli ombrelloni?” “Santo cielo! Cosa ti ricordano gli ombrelloni?” “I ciambelloni” rispose lui, rotolandosi con sonori barriti, pensando di averle fatto un bellissimo scherzo.
I dialoghi tra mamma e figlio proseguono serrati e giocosi, apportando un ritmo vivace alla storia che si snoda in un testo discretamente lungo.
Dopo aver cotto qualche hamburger sul falò, Mamma Elefante propone al piccolo di costruire un castello di sabbia, raccogliere conchiglie, fare una passeggiata… è chiaro che qui il punto non è la fame, ma il desiderio di attenzione di Piccolo Elefante, ora un po’ annoiato (ma mai lamentoso!).
La mamma è un personaggio splendido: sorridente, divertente e divertita, pacata, fantasiosa, empatica con il figlio, sempre pronta a dare credito alle sue richieste, a volte sfuggendo con ironia.
Che fare ora, dunque? Non resta che “scavare una buca per arrivare in Cina”, suggerisce Mamma Elefante con estrema naturalezza.
L’entusiasmo di Piccolo Elefante esplode: dov’è la Cina? com’è? chi ci abita? come ci si arriva? Non sono domande di curiosità, sono quesiti che reggono un gioco di fantasia tra piccolo e madre, perciò diventa importante chiedere alla mamma come si dicano in cinese alcune importanti parole, come “zuppa e formaggio e gelato e noccioline e grazie e forse anche drago perché, chissà, potrebbe capitarmi di vederne uno”.
Giungono nelle risposte della mamma, che sembra sapere tutto (“dipende forse dal fatto che hai la testa così grande?”), anche delle parole cinesi, un piccolo vocabolario ripreso più volte nei dialoghi. D’altra parte, per andare in Cina…
Nel gioco di fantasia, Piccolo Elefante dunque si prepara, con un cestino come cappello, alghe come baffi, un paio di occhialini e scavando una profonda buca, dopo aver trovato per caso una monetina, giunge in Cina.
Lì incontrerà una piccola Elefante, vedrà bancarelle e negozi, gusterà una zuppa, il formaggio e il gelato in un caffè, farà un giro sulle giostre e poi sul risciò/poltrona, osserverà una lucertola…
Infine, nel ritornare da Mamma Elefante, il suo racconto trasformerà l’avventura in uno spettacolare viaggio in Cina, con tanto di ristoranti cinesi, viaggio in giunca e un feroce drago!
Insomma, un libro davvero esilarante nelle continue trovate di Piccolo Elefante, nella sua infinita tenerezza ed entusiasmo!
Perfettamente proporzionato nel dialogo tra testo e immagini, ironico e divertente anche nei disegni, che, come il testo scritto, trasmettono incanto e stupore, lo consiglio a tutti i lettori dai 4 anni in su.
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