Un’improvvisa felicità

Ada

Osservo mia figlia che, a undici anni, sta in un corpo abbozzolato che ancora sa di infanzia ma ha una mente e un cuore in scoperta. Penso a Polleke, protagonista neo dodicenne di Un’improvvisa felicità di Guus Kuijer edito in Italia da Feltrinelli Kids, che abita una vita alquanto diversa da mia figlia, ma anche così profondamente uguale nelle sue piccole quotidianità.

Polleke vive una vita frammentata, in una Olanda progressista in cui le famiglie tradizionali non costituiscono necessariamente una base di giudizio sociale, una Olanda in cui si combatte contro il razzismo perché va bene così.

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Ha appena compiuto 12 anni e vive con la madre ed il suo maestro di scuola che presto la sposerà. Suo padre è un PPP, padre particolarmente problematico che, per la paura di annoiarsi, deve sempre provare cose nuove. Da ultimo la droga e poi il Nepal e la meditazione per ritrovarsi. Polleke gli scrive lettere bambine dalle parole che toccano perché sono parole vere. Vorrebbe avere un padre normale, forse, ma non vive più in questa speranza. Spera solo che lui, prima o poi, torni.

Non riesci ad essere arrabbiato con il PPP mentre leggi perché sai che Polleke lo ha perdonato e, soprattutto, lo ha capito.

Al suo posto c’è la madre, di 80 kg, forte, tanto da non rendersene conto, una che prova a riparare lampadine e ci sono i nonni paterni, contadini legati alla terra e alla natura che restituisce loro quanto il figlio non riesce a dargli. Sono silenziosi, hanno un ritmo diverso, che Polleke ha imparato a cavalcare.

Polleke va a scuola, ha un fidanzato che è marocchino e promesso sposo ad un’altra ma a lei non importa. Si chiama Mimun ed è il fidanzato di quando si cresce. Quando ci si mette insieme si è bambini, quando ci si lascia si è altro nel cuore. Mimun e Polleke iniziano ad andare a ritmi diversi, un po’ perché lui se ne è stato tutta l’estate in Marocco e li è tutto diverso (“Sono nato qui, ma il mio posto è più tra loro che tra di voi”) un po’ perché Polleke deve prendere le misure con una nuova forma di amore che non è solo andare in bicicletta insieme e sopratutto con il suo nuovo corpo.

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E allora ad un certo punto accade che Mimun si metta di nascosto con la migliore amica di Polleke e il mondo le si sgretola intorno, in un momento delicato, in cui ogni cosa che le sfiora la pelle le riporta alla mente quello che sarebbe potuto succedere e, grazie alla sua prontezza non è successo, quando uno sconosciuto, con l’inganno, l’ha caricata sulla sua macchina.

Per fortuna intorno a Polleke vi sono reti e paracaduti costruiti grazie a relazioni, se si vuole atipiche e strane, ma così reali e profonde perché fatte di comunità di esperienze complicate. C’è Consuelo fuggita dal Messico insieme alla mamma, lasciandosi dietro un papà morto sparato e chissà che atrocità subite a causa della sua etnia India. E c’è Sop l’orsetto della sua infanzia che da molto tempo non parla più ma che l’accompagna con fedeltà e dedizione da quando era piccola. Un filo che la lega al suo essere stata felice del tutto senza pensieri.

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Un libro denso, di storie, di intrecci, di rimandi ad altre storie che si trovano forse nei due libri precedenti ( Per sempre insieme, Amen e Mio padre è un PPP) ma che non interrompono il flusso narrativo anche se forse lo riempiono un po’ troppo di eventi e storie.

Frasi brevi e semplici che con immediatezza, grazie alla scelta accurata delle parole che arrivano dritte a dire quello che sembrerebbe complicato, costituiscono un contraltare inaspettato a situazioni più grandi di quelle che ci si aspetta possa affrontare una dodicenne.

Il flusso narrativo è interrotto dalle corrispondenze di Polleke con il PPP e dalle sue poesie perché da grande lei vorrebbe fare la contadina poeta. Lo spostamento della forma narrativa richiama forte lo scollamento di una bambina in corsa, in cui le due facce del proprio essere sono così ancora presenti.

Un libro che riesce a farti sorridere nonostante tutte le complessità, in cui l’ironia e l’immediatezza delle descrizioni, viste attraverso gli occhi di una dodicenne, ti riportano dritto la’  a quando di anni tu ne avevi dodici e ti sentivi in tutti i posti e in nessuno allo stesso tempo.

Polleke a un certo punto ero io…chissà se mia figlia Matilda si riconoscerà? A dopo la sua lettura un ulteriore approfondimento.

Guus Kuijer ha vinto tutti i premi letterari nederlandesi oltre allo Judenliteraturepreis tedesco e, massimo riconoscimento internazionale della letteratura per ragazzi, il Premio Astrid Lindgren.

Svolazza ancora un po’ tra i libri per i bambini 10+…

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