L’albero dei ricordi è un libro che racconta la morte e celebra la vita. Me ne sono innamorataappena l’ho scoperto nel 2015, raccontandolo poi qui, la versione inglese tra le mani, e chiedendomi quando sarebbe arrivato in Italia. Oggi, freschissimo di stampa grazie a Gallucci, finalmente lo possiamo leggere in italiano; vi ripropongo dunque la recensione di 3 anni fa, con nuove immagini e citazioni dell’albo nella sua versione italiana.
L’albero dei ricordi è, a mio avviso, il più bel libro che affronta esplicitamente il tema della morte, riportandola alla sua essenza naturale -semplice accadimento- e culturale -la rielaborazione del lutto-.
Parlare di morte ai bambini oggi sembra molto difficile. Nella società attuale l’argomento mette a disagio noi adulti molto più di quanto, spesso, metta i nostri bambini. Da qui, l’evitamento totale o il fiorire di libri che edulcorano il dolore con colori e immaginifiche fantasie.
Eppure le belle storie possono offrire un vocabolario e un immaginario importante sulla morte, da condividere ben prima che la sua rielaborazione diventi un’urgenza impellente di fronte a una morte reale. Permettono di andare oltre la contingenza del momento presente aprendo un ponte tra passato (ciò che non c’è più) e futuro (ciò che continuerà ad essere): ossia, rielaborare un lutto attraverso la memoria (difficile anche questo processo, laddove il dolore e il ricordo assumono sempre più forme decollettivizzate e silenziose!).
Di tutto ciò, nella forma di un racconto con protagonisti gli animali del bosco, parla L’albero dei ricordi, di Britta Teckentrup. Del dolore di una perdita, certo. Ma anche di come un’assenza possa trasformarsi in presenza attraverso i ricordi, non quelli privati, intimi, sussurrati, bensì i ricordi condivisi, narrati, dialogati (non erano così i funerali di un tempo?), in cui la parola si fa relazione e sostanza, si fa cura e balsamo.
Non conosco la versione in inglese, mi piacerebbe confrontarla per verificare se anche lì si dice: “…e si addormentò per sempre…”
Mi sembra che si continui ad aver paura di nominare la parola morte che è quello che succede. La volpe non si addormenta, muore. Sono azioni completamente diverse e penso che il verbo usato (dormire) possa far insorgere grossi timori in qualche bambino al momento di addormentarsi.
Ciao Paola e grazie per averci scritto. Sì, la versione inglese dice “fell asleep forever”. Comprendiamo le tue perplessità e in parte le condividiamo. È vero che il timore di scegliere la parola “morte” nei libri per bambini riflette certamente anche un tabù della nostra società. È anche vero che la paura relativa all’addormentarsi “per sempre” è presente nei bambini a prescindere dal leggerla in un libro… Resta un libro molto bello a nostro avviso 😉
Sembra l’illustrazione del metodo che applichiamo io e i miei bimbi quando muore qualcuno di caro (uomo o animale in effetti!!) = ripercorriamo qualche ricordo e concludiamo con “Bhe ha avuto una bella vita!”
Che bel modo che avete costruito, Anna, in famiglia per affrontare la perdita di qualcuno… prenderò spunto
Sai cosa mi ha fatto venire in mente il commento di Ilde? Un paradiso per il piccolo orso, di Wolf Elbruch, anche lui avrebbe voluto andare… che tenerezza!
Ma è vero Caterina!! Non ci avevo pensato… quel geniaccio di Erlbruch 😉 lo adoro sempre più
libreria Internazionale Pad.22…la lista si allunga.
Non è facile parlar di morte nè ai bambini nè ai grandi mai troppo grandi, lo guarderò con attenzione.
Grazie Silvia!
Grazie a te Marina di averci letto e commentato. Questo albo affronta la morte davvero in modo intelligente e naturale. Io lo consiglio moltissimo. Speriamo anche in una traduzione!
Bellissimo, davvero bellissimo, credo il più leggero e significativo sulla morte!
Hai ragione Maria, finalmente un libro che parla di morte in modo diretto e chiaro ma allo steso tempo naturale e delicato. E, soprattutto, senza la pretesa di voler ‘spiegare’ cosa è la morte (in fondo, come si fa a pensare di spiegarla?), ma solo di offrire scenari futuri e luminosi.