Ci sono libri che costituiscono pietre miliari della storia della letteratura e che ti riprometti di leggere insieme ai tuoi figli prima o poi; che poi diventa appunto sempre un poi… prima o poi… sai è ancora piccolo… non lo trovo in biblioteca ecc.ecc. Cion Cion Blu di Pinin Carpi era uno di questi. La spinta me l’ha data Tognolini che racconta, in Leggimi Forte, come il contadino cinese sia stato compagno di tante serate per lui e sua figlia, uno degli irrinunciabili libri da leggere. E come non fidarsi di Bruno Tognolini? L’incipit è di quelli comicamente travolgenti e dirompenti:
Una volta c’era in Cina un cinese vestito di blu e d’arancione, si chiamava Cion Cion Blu. Aveva i pantaloni blu e la giacca arancione, le pantofole blu e le calze arancione, e in tasca aveva un fazzoletto arancione e una pipa blu. Anche i suoi capelli erano blu, blu scuro, ma la sua faccia non era arancione: era gialla, tonda come un pompelmo, anche se era nato in Cina tra i mandarini, quei mandarini che sono le arance della Cina e che hanno il colore delle arance e che perciò sono arancione, anche se sembrano arancine.
Cion Cion Blu aveva un cane tutto arancione e lo chiamava Blu, che nella lingua dei cinesi vuol dire arancione. Però non lo chiamava mica Blu perchè era arancione ma perchè, quando abbaiava, invece di fare bu bu bu come gli altri cani faceva blu blu blu, non so perchè.
Aveva anche un gatto tutto blu, e Cion lo chiamava A Ran Cion, che nella lingua dei cinesi vuol dire blu, ma quello strano gatto, quando miagolava, non miagolava mica il suo nome come il cane, ossia non faceva arancioon arancioon, faceva invece miao miao miao come i gatti italiani, perchè quel gatto cinese preferiva miagolare in italiano.
Un libro in cui la figura del protagonista, Cion Cion Blu, semplice, buono e leale contadino cinese amante delle arance, si intreccia a quella dell’altezzoso imperatore della Cina Uei Ming che, nonostante i tentavi di farsi bello per la carica rivestita e per i fasti che lo accompagnano, viene, per tutta la durata della storia, tirato per la giacchetta dall’umile Cion che, nella sua beata semplicità, in realtà coglie l’essenza di ogni cosa e trova le soluzioni più ingegnose e adatte per ogni occasione, quasi per caso, riuscendo sempre nell’intento quasi senza accorgersi del pericolo scampato. Cion accompagna Uei Ming in esplorazioni lunghissime in lungo ed in largo per la Cina alla ricerca dell’amore perduto di Gelsomina, insegnandoci l’amore dell’anima e non della forma, l’umiltà, la perserveranza, la forza d’animo.
Un libro che pare proprio di altri tempi, nei ritmi, nell’incedere del racconto, nei nomi dei personaggi onomatopeici e nella loro caratterizzazione, nella netta distinzione fra male e bene con quest’ultimo che trionfa a fine storia.
Un libro che per essere apprezzato a pieno deve essere letto recuperando quel sentire bambino che ciascuno in fondo al cuore conserva…e allora come meglio descriverlo se non attraverso le parole di chi lo ha ascoltato per molte sere?
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