Narrare un libro fatto di immagini e poche parole….

Ada

Le cose nascono al momento giusto, come questo post, che ci ha messo praticamente tre mesi a prendere forma e parola. Racconta di come ho raccontato, all’inizio di una torrida estate, un tempo lento di una attesa impaziente.

Il Festival della Lentezza, nella bellissima cornice della Reggia di Colorno, mi ha complicato non poco la vita, chiedendomi ben 5 narrazioni che ruotassero intorno al tema del tempo, di quello che ciascuno sente giusto per sè.

Alcune delle storie narrate le ho dovute cercare con l’attenzione e la delicatezza di un mastrovetraio, altre invece erano già lì pronte per essere raccontate, perchè appartenevano a me, alla mia quotidianità famigliare. Con loro è stato più facile. Quando una storia ha fatto un pezzo di strada con te, quando è stata letta e raccontata tante volte, quando ti è entrata dentro e riesci a visualizzarla come tanti fotogrammi di un film, beh, allora sei quasi pronto per raccontarla.

Mi è successo così con E poi…è primavera di Julie Fogliano e Erin E. Stead – Babalibri. Un albo illustrato di quelli che sfogli con delicatezza, con la paura di rovinare le immagini poetiche, un albo che ti parla con i suoi colori soffici e la morbidezza dei suoi personaggi più che con le parole. Che ci sono, ma sono poche e così poetiche che hai quasi paura a farle uscire di bocca quando racconti.

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Ma come si racconta una storia che ruota intorno alle immagini e che di fatto, riassunta in due parole proprio due, racconta di un bambino che pianta un seme in un paesaggio marrone e aspetta, aspetta, aspetta fino a che una mattina si sveglia e il marrone è diventato verde? Come si racconta una storia dove non ci sono avventure mirabolanti e spaventosi antagonisti?

Si racconta usando la testa e il cuore….

Ho letto e riletto chiudendo gli occhi e trasformando le immagini dell’illustratrice in una specie di film muto personalmente costruito. Un film tutto mio, legato al mio immaginario marrone. C’era, laggiù nei miei ricordi antichi, un marrone ingombrante, bastava spolverarlo…era quello di una vecchio copriletto anni ’70 che ha abitato gli autunni del mio letto per lunghi anni. Mia madre, per fortuna, conserva tutto, et voilà,  dall’armadio, eccolo uscirsene con il suo inconfondibile odor di naftalina. E i marroni sono usciti tutti da lì nel mio racconto. Il marrone castagna, quello più marrone della noce, il marrone della cacca del mio cane…tutti marroni che sono entrati sotto forma di parole e immagini nella storia che ho raccontato. Perchè la cosa più importante, quando si racconta una storia, è vedere cosa succede, non solo i dettagli e i particolari, ma le azioni dei personaggi che la popolano. Un grande maestro della narrazione, Roberto Anglisani, in un corso a cui ho avuto la fortuna di partecipare, sollecitava e incalzava i narratori novelli chiedendo loro mentre narravano epiche o romantiche storie di infanzia….”sì ma cosa succede? Che cosa fai nella storia? Che cosa vedi?”

E allora ho visto. Un bambino che al primo raggio di sole si mette le braghe corte perchè gli pare che la primavera sia già arrivata. Un bambino che corre giù dalle scale di prima mattina e si aspetta il verde dappertutto e invece c’è solo marrone, quello del copriletto. Quello della terra.

Sento in tasca un piccolo seme rimasto dalla scorsa primavera nei pantaloni corti riposti nell’armadio. E allora vedo un mucchietto di terra, come un piccolo vulcano, dentro la cui bocca casca il seme. Mi diverto, con i bambini che ascoltano, a guardare con attenzione quel mucchio, che presto sarebbe spuntato un po’ di verde! Lo chiamiamo, lo cerchiamo con la lente di ingrandimento.

Forse manca qualcosa, ma cosa? Già l’acqua…bisogna innaffiarlo ma io non ho nè innaffiatoio nè una canna per l’acqua. E allora mi diverto, prima provo con quello che ho a disposizione sul momento, un modesto scaracchio sputacchiato per finta nel centro del vulcano….non basta! La storia allora chiama le nuvole per far piovere un po’…ma provaci tu a convincere una nuvola a fermarsi proprio sopra il tuo seme! Solo Fantozzi ci riusciva…e io nella mia storia che prende forma.

Piove, ora cresce mi dico…cresce? cresce?! Cresci!!!! Ma con le piante gli ordini non funzionano. Allora provo pazientemente a raccontargli una storia, ad ascoltare il sussurro della terra, a proteggerla dalle beccate degli uccelli o dalle zampate degli orsi ma niente…il seme non ne vuole sapere di crescere.

Una mattina mi sveglio, un raggio di sole filtra dalla finestra dopo una notte di pioggia, vado a controllare come sta il mio marrone e….meraviglia delle meraviglie vengo investita da un verde luminoso e infinito. Come si passa l’idea di un verde che sta intorno ovunque ti giri, quasi ad accecarti gli occhi?

Pensa che ti ripensa ecco…un ombrellone su cui ho montato una verdissima ed economicissima tenda da doccia dell’Ikea che si apre all’improvviso, comparendo quasi d’incanto sotto al copriletto marrone, e mi avvolge fino a farmi sparire…finalmente la primavera è arrivata!

Un assaggio della mia storia, per chi ne ha voglia….

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