Frutto dell’ingegno umano, Roz è un’unità robotica seriale programmata per adattarsi a qualsiasi situazione. Abbandonata a se stessa sugli scogli di un’isola con soli animali e vegetazione selvaggia, Roz viene riattivata per caso da un gruppo di lontre marine. Inizia così la sua esplorazione dell’isola che la porterà nel corso del libro ad adattarsi al mondo circostante.
Roz osserva, ascolta, rielabora, apprende, comprende, riproduce. Una nuova nascita e crescita davvero affascinante che Brown ci racconta con garbo.
Roz finirà per integrarsi perfettamente nell’ambiente e a trovare il suo posto tra gli animali di cui comprende, e parla, il linguaggio. Sarà un viaggio fatto di avvicinamenti e distanze, incomprensioni e incidenti, solidarietà ed empatia, diffidenze e solidarietà. E se gli animali del bosco devono confrontarsi con questa nuova strana presenza, ognuno a modo suo, Roz deve sopravvivere, ma cercando di sopravvivere imparerà a vivere in quel luogo, fino a diventare mamma adottiva di Beccolustro, un’ochetta impertinente e, infine, a rifiutarsi di tornare con gli umani per essere riprogrammata! Capirà che per essere accettata deve rendersi utile, costruendo ad esempio un riparo contro il gelo invernale e accendendo il fuoco… non solo scambio utilitaristico ma anche un trovarsi a proprio agio con gli altri, giorno dopo giorno.
E dunque questo robot che esce dagli schemi e pensa e prova sentimenti, potrebbe lasciarci il dubbio: fin dove arriva l’intelligenza artificiale? è Roz un robot che sconfina la sua natura? o è semplicemente così altamente specializzata da apprendere con ostinazione anche le relazioni fatte di umanità?
Nella patina di buoni sentimenti e della contrapposizione, un po’ stereotipata, tra natura idilliaca e uomo insensibile, Peter Brown ci regala un romanzo gradevolissimo che apre domande e immaginazione.
Non una storia con eclatanti colpi di scena – più presenti invece nel proseguo La fuga del robot selvatico – ma tanti piccoli accadimenti che sospingono dolcemente il lettore pagina dopo pagina. Tra pause narrative più poetiche (calzanti anche le illustrazioni sempre di Brown!), situazioni divertenti, sussulti d’azione e dilemmi e problemi da affrontare, la storia segue un ritmo che si fa più incalzante dalla metà in poi.
Sul finale, si assiste alla grande battaglia che vedrà Roz salvare l’isola ma arrendersi ai colleghi robot inviati dall’uomo a recuperare l’intelligenza ribelle, una conclusione che apre al secondo volume ambientato interamente nel mondo degli umani, dove Roz si ritrova prima prigioniera e poi costretta a lavorare in una fattoria di umani, come tutti i robot. Questo secondo volume mi è parso forse più scorrevole e avvincente. Riuscirà Roz a mantenere il ricordo della sua vita e identità nell’isola selvaggia? E chi potranno essere i suoi due aiutanti “magici” se non due bambini? E l’ochetta Beccolustro, riuscirà a ricongiungersi con la madre?
Un romanzo che si distingue nel panorama editoriale, purtroppo non sempre soddisfacente, per la fascia 8-10 anni; valorizzato ancor meglio in lettura ad alta voce, si adatta benissimo anche a partire dai 6/7 anni.
mi a lasciato a bocca aperta