Il protagonista assoluto è lo sguardo del bambino. Ed Erlbruch, che nel sintonizzarsi coi bambini è magistrale, restituisce questo sguardo con la sola forza delle illustrazioni. Noi vediamo ciò che vede il bambino mentre compie la passeggiata notturna. E sono cose meravigliose, surreali, fantasmagoriche, perché ai suoi occhi la notte, quella che lui voleva vedere, si popola di Mickey Mouse volanti, di gorilla con grossi orologi al polso, di conigli seduti in tazze giganti, di Alici nel Paese delle Meraviglie che gli porgono una pallina colorata. Sono personaggi silenziosi, che appaiono e scompaiono. E il silenzio avvolge i passi, e sembra quasi di sentirlo questo magico silenzio notturno. Insieme allo spicchio giallo di luna, presente in tutte le pagine, gli occhi bianchi del bimbo spalancati di stupore attirano il nostro sguardo, pagina dopo pagina. Lui non parlerà nel corso di tutto il libro.
Mano nella mano con il bambino, c’è il papà, il suo passo pesante e trascinato, gli occhi assonnati, la barba incolta, il pigiama sotto il cappotto. E’ il brevissimo testo (una frase per pagina) ad esprimere il pensiero del papà che in un monologo rassegnato lamenta l’insensatezza e l’assurdità di quella passeggiata notturna.
Di notte non succede proprio niente.
Ma gli altri dormono tutti quanti. E’ solo buio. Nient’altro.
La storia è costruita su un doppio punto di vista, quella del bambino che si lascia stupire e interagisce con il surreale, e quella dell’adulto che al contrario perde un’occasione per tornare bambino. Nel testo leggiamo i pensieri del papà mentre nelle illustrazioni vediamo i pensieri del figlio. Ne risulta una visione diametralmente opposta della passeggiata notturna. Ma soprattutto, un deciso tratto ironico. Anche perché questo papà, diciamolo, è molto buffo e raccoglie le simpatie del lettore sia per il suo aspetto assonnato e arruffato (in cui tutti ci possiamo riconoscere!) che per le argomentazioni surreali con cui cerca di convincere il figlio.
Anche le mosche preferiscono dormire perché nel buio si perdono più facilmente.
E’ una figura di papà che a me piace molto perché umana. E’ vero, non entra in sintonia con il mondo fantastico del figlio, non tende la mano entusiasta al gorilla per strada. Ognuno è nel suo mondo, e lo vive. Ma è un papà che nel cuore della notte si alza dal letto per esaudire un desiderio, una curiosità del figlio: chi altro lo farebbe? non è questo un modo per entrare in sintonia con il figlio, per rispettarlo? Alla fine del libro, entrambi sono soddisfatti, e anche ciò è estremamente ironico. Il papà gongola perché a suo avviso ha potuto dimostrare al figlio che di notte non accade proprio nulla di interessante. Il bambino sorride tenendo in mano la pallina di Alice, testimone di tutte le meraviglie che ha visto.
Le illustrazioni a doppia pagina restituiscono un paesaggio di case sbilenche, dalla geometria vagamente surreale e dai colori cupi e poco vivaci, che pongono ancor più in risalto i personaggi fantastici dai colori più accesi. La prospettiva, la composizione delle forme, la tecnica del collage, apportano tutte un senso di precarietà e movimento, secondo uno stile di memoria espressionista caratteristico dell’autore. Le stesse figure del papà e del bambino cambiano posizione e grandezza all’interno delle pagine (a volte sono piccolissime in basso, a volte immediatamente presenti in primo piano, a volte in alto etc.) costringendo di volta in volta lo sguardo del lettore a ricercarle.
Tutto è accennato nel segno ma tutto è estremamente vivido, essenziale e vero.
Postilla: non vi lasciate scoraggiare dal suo essere fuori catalogo. Cercate questo albo illustrato in biblioteca e incoraggiatelo. Richiedetelo alla casa editrice. Sono fiduciosa che tornerà sul mercato, così come è accaduto ad altri 3 titoli di Erlbruch andati esauriti e ristampati da E/O nel 2013.
Lo cerco subito! GRAZIE
Grazie a te Simo! Poi mi dici se vi è piaciuto!