La storia è ambientata in Spagna e inizia come una fiaba “C’era una volta…”. Racconta di Ferdinando, un giovane torello che amava molto “stare seduto tranquillo ad annusare il profumo dei fiori” mentre “tutti gli altri torelli con cui viveva correvano e saltavano e si prendevano a testate”.
Di indole tranquilla e mansueta, Ferdinando trascorreva le sue giornate seduto sotto una quercia da sughero. E inevitabilmente “sua madre, che era una mucca, si preoccupava per lui. Aveva paura che stando sempre per conto suo si sentisse solo. <Perché non vai a correre e a giocare e a saltare e a prenderti a testate con gli altri torelli?>”.
Ed è proprio in questo passaggio che mi sono rivista, nel chiedersi a volte un perché, e faticosamente provare ad ascoltare la sua voce, e poi accettare e comprendere.
“Sua madre capiva che lui non si sentiva affatto solo, e siccome era una madre comprensiva, anche se era una mucca, lo lasciò stare perché era contento”.
A questo punto, vi chiedo di dimenticare tutti i pensieri che ho appena condiviso.
Sì, perché queste sono riflessioni adulte, che hanno solo lo scopo di testimoniare l’incredibile freschezza e attualità di questa storia.
Per il resto, è una delicata, divertente, bella storia, con una scrittura diretta e ironica, con disegni in bianco e nero molto espressivi e originali, con una eccellente traduzione di Beatrice Masini.
Non potranno non essere catturati, i bambini, dal personaggio di Ferdinando, dai suoi occhi buoni, dalla natura così diversa. Ferdinando che, per un puro caso e malinteso, vivrà un’avventura inaspettata, che mai avrebbe voluto vivere.
Tra fiori e prati infatti, gli anni passano e Ferdinando diventa un bel toro adulto, molto grande e molto forte. E se il suo più grande desiderio continua a essere quello di starsene seduto nel suo posto preferito ad annusare fiori, cosa potrebbero desiderare gli altri tori aitanti e scorrazzanti?
Siamo in Spagna, e la corrida è un’arena che attira i tori bramosi di fama e avventura.
E così capita che un giorno arrivano cinque uomini dai cappelli molto buffi, “dovevano scegliere il toro più grosso, più veloce e più cattivo per portarlo a combattere”. I disegni dal tratto marcato e molto preciso ce li mostrano in tutta la loro comica serietà.
Potete forse immaginare gli sbuffi e le cornate dei tori bramosi di essere scelti, e potete anche immaginare cosa invece stesse facendo il placido Ferdinando.
Ma, ironia della sorte, un bombo punge Ferdinando proprio mentre si sta per accomodare sul prato, lo vediamo magistralmente raffigurato nelle illustrazioni che con strepitosi primi piano e resa del movimento ci mostrano il toro balzare dal dolore e correre furiosamente, come impazzito.
Il testo aggancia continuamente il lettore interloquendo con domande dirette, e lasciando ad ogni pagina immaginare cosa accadrà poi, in una crescente divertita, e un po’ inquieta, suspense.
Il malinteso è presto dato. Grazie alle sue corse imbizzarrite Ferdinando viene notato e scelto per la corrida.
Si diradano le parole, si dettagliano ancor più le illustrazioni, maggiormente espressive nella sfilata con signore eleganti dai cappelli fioriti, annunciatori a cavallo, banderilleros, picadores con lunghe lance, e infine il matador con mantello e spada.
Poi venne il toro.
Lo sapete chi era, vero?
Ferdinando.
Lo chiamavano il Feroce Ferdinando.
A questo punto la suspense è all’apice, le parole tornano più intense e numerose in un climax crescente, impossibile non provare un empatico disagio con Ferdinando: come farà? cosa accadrà? combatterà? (Quanto preziosi sono quei libri che lasciano spazi vuoti per immedesimarsi, sentire, chiedersi, immaginare!).
Non posso svelarvi il finale, certamente Ferdinando “non voleva proprio combattere e essere feroce, non voleva e basta”.
E dunque? Che farà Ferdinando, cederà o resisterà? Ricordate le signore e i loro cappelli?
Una storia profonda e lieve, che parla di identità, di diversità, di essere e rimanere se stessi, di felicità e malintesi, di sguardi che si incrociano e vedono cose opposte, di libertà. Un grande classico che, non a caso, fu bandito da dittatori quali Franco e Hitler.
Ma, innanzitutto e prima di tutto, è una bella storia.
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