Ti curo io, disse Piccolo Orso

Quando nel 2013 Kalandraka riportò sugli scaffali Oh, com’è bella Panama! di Janosch, esultai di gioia. E non solo perché le storie dello scrittore tedesco (notissime e amatissime in Germania) profumano della mia infanzia (mia mamma me le leggeva in tedesco) ma anche perché sono assolutamente deliziose.
Con grande delicatezza, Janosch dipinge quadretti dal sapore familiare e domestico nei quali i protagonisti – Tigre, Orso e altri animali – vivono piccole avventure ambientate nella loro casetta e negli immediati dintorni. Nelle sue storie si respira una piacevole armonia.
Girovagando in libreria, in questi giorni mi sono imbattuta in un altro libro di Janosch, edito da Logos nel 2018 per la collana La biblioteca della Ciopi.
Evviva!

Ti curo io, disse piccolo Orso è un libricino di piccolo formato, leggero e in brossura, come tutti gli altri titoli della collana che propone “libri per mani piccole”.
La storia è molto dolce e al contempo frizzante, ironica, in perfetto stile Janosch. La parte testuale è discretamente corposa e trattandosi di un albo illustrato le immagini sono ben presenti con una pronunciata valenza narrativa.
La storia comincia nel bel mezzo di un accadimento. Piccolo Tigre giace a terra, malato e dolorante, su una stradina accanto al bosco “nel bel mezzo del prato”. Zoppica e sta molto male.
Piccolo Tigre non aveva raccolto funghi, non aveva scritto lettere a Piccolo Orso mente era in viaggio e non aveva nemmeno fatto fare un giro alla Tigranatra.
Piccolo Orso giunge in suo aiuto, indaga il malessere, lo porta a casa, lo fascia da capo a piedi (“la testa no”, aggiunse Piccolo Tigre “perché potrebbe venirmi la tosse”), e da qui iniziano una serie di azioni per curare e rispondere alle richieste di Tigre che, continuamente nel corso della storia, “si sentì un po’ meglio / ma poi si sentì di nuovo un po’ peggio, perché aveva fame”. E poi aveva sonno, e poi si sentiva solo e così via, fino a essere accompagnato da un corteo di amici all’ospedale degli animali dove sarà curato (e guarito!).
Il tema predominante è, come è facile intuire, la relazione di amicizia in un momento di fragilità. L’amicizia qui è fatta di pazienza, ascolto, comprensione, partecipazione, accanto alla malattia, reale e percepita, e a ciò che serve per affrontarla. Janosch ce lo spiega bene, facendo elencare a Orso e Tigre una lunga lista: occorrono le cure di un amico, il proprio piatto preferito, un buon sonno, un dottore, un ospedale accogliente, e tanti amici in visita!
Il valore dell’amicizia affiora nella complicità, nei non detti, nei gesti di cura e negli abbracci. È un’amicizia a due, quella tra Piccolo Tigre e Piccolo Orso ma anche di un’intera comunità quando sopraggiungono gli altri animali – Elefantone Gentile, Anatra Gialla, Topo, Riccio, Asino Errante… Tutti vogliono bene a Tigre, “il nostro Tigre” come dice Zia Oca.
Janosch mischia questi ingredienti in maniera armonica e assolutamente naturale, li fa affiorare dal vissuto di Tigre e Orso e li spolvera con un buon pizzico di ironia, sia nelle parole che nei disegni. Il testo risulta a tratti dinamico e divertente per le continue ripetizioni, i diffusi dialoghi e i nomi dei vari personaggi (Lepre Scarpe Veloci, il Dottor Membrana…) e delle situazioni che creano un rassicurante e ironico effetto di straniamento. I disegni delicati, colorati e ricchi di dettagli non sono semplice corredo al testo ma offrono una caratterizzazione precisa di ambienti, personaggi e prospettive diverse nella storia. Tigranatra, ad esempio, è una figura simpaticissima che non viene quasi nominata nel testo ma compare nella narrazione visiva: una piccola anatra tigrata con le ruote, uno di quei giochi che i bambini soliti tirarsi dietro ovunque, ecco, Tigre la porta sempre con sé e Tigranatra vive “a specchio” le medesime situazioni di Tigre, insieme a una ranocchietta, in una sorta di storia nella storia.
Accanto all’ironia, si respira un’aria lievemente poetica, quella che risiede nelle piccole cose cui Janosch pone vera attenzione, come lo “sciroppo di nuvole” di zia Oca, “una cura universale che non fa male a nessuno”, o “la saponetta profumata ai petali di rosa” per un bel bagno in ospedale, o il valzer suonato da Anatra Concertina, la nostalgia di casa e “la torta frangipane con crema di mandorle e vaniglia”…
L’incedere della narrazione è godibilissimo, lento e pacato, rassicurante e curativo proprio come le azioni di Orso. Composto perlopiù da brevi frasi e dialoghi, mantiene un buon ritmo e non annoia; domande e risposte si ripetono e riprendono in un rincorrersi che è scambio amorevole. Il lessico non è per nulla banale (la traduzione mi sembra efficace!) e le brevissime descrizioni sono incisi che illuminano la poesia del quotidiano e delle piccole cose.
Già, potremmo definire Janosch un artigiano delle piccole cose, garbate e gentili.
P.S. Il libro ha avuto una prima edizione per AER nel 1997 con la traduzione di Giancarlo Mariani.
TI CURO IO, DISSE PICCOLO ORSO – La storia di quella volta che Piccolo Tigre si ammalò
Janosch
Traduzione di Valentina Vignoli
Logos – Collana La biblioteca della Ciopi
Anno di pubblicazione: 2018
Prezzo di copertina: 7 euro
Età di lettura: dai 4 anni
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