Una considerazione mi sento di farla, in premessa.
L’insofferenza, se non l’odio, verso i rifugiati, così vibrante in questo ultimo periodo di storia italiana, è solo l’appendice di una insofferenza crescente verso il prossimo. Colui che dovremmo amare come noi stessi, osò dire qualcuno.
Nessun libro sui rifugiati ci insegnerà ad amarli.
Ma un buon libro, qualsiasi buon libro, fa immergere nelle vite degli altri.
E questo decentramento momentaneo da se stessi oggi lo avverto ancor più necessario per comprendere che nessuno vive (o può pretendere di vivere) solo.
Lascia un commento