Parliamo di storie di crescita e di formazione in cui le protagoniste femminili camminano nella vita con curiosità, tenacia, un pizzico di originalità e audacia.
Entrambe le giovani ragazzine intraprendono strade che le portano a fare i conti con il passato mentre entrano correndo nel loro futuro: che sia Wilhelmina (Capriole sotto il temporale), cresciuta libera e selvaggia in una fattoria in Zimbabwe e d’improvviso catapultata in un rigido collegio femminile a Londra, che sia Sophie (Sophie sui tetti di Parigi), trovatella in una custodia di violoncello galleggiante sulla Manica e cresciuta da uno studioso gentile e un po’ bizzarro.
Forte è il tema della ribellione e della libertà, senza alcunché di stereotipato, una libertà esistenziale e pura, che si ricerca nei dilemmi interiori e privati, quella che incontrano i giovani sulla soglia della vita adulta sbattendo il muso contro la realtà. Una libertà con la quale entrambe le bambine sono cresciute e che si sforzano tenacemente di mantenere.
L’infanzia di Wilhelmina si è nutrita di arrampicate sugli alberi, di giochi con gli amici e gli animali, immersa in una natura avvolgente vissuta quotidianamente sulla propria pelle, nella polvere, nella luce accecante, nelle piogge, nel fango e nella terra. Rimasta orfana di madre e cresciuta in un ambiente di soli maschi, il suo destino sarà segnato dall’arrivo di una sorta di matrigna (proprio come quella delle fiabe). La vita e la successiva fuga dal collegio inglese rappresenteranno per Wilhelmina la stregua difesa della propria infanzia libera. Un cammino doloroso e intenso, quasi iniziatico, verso una nuova libertà, fatta di consapevolezza e crescita.
Anche l’infanzia di Sophie, libera ed eccentrica, subisce un brusco arresto quando i servizi sociali minacciano di trasferirla in un istituto. L’avventura che ne segue porterà lei e il padre adottivo in fuga a Parigi, sulle tracce della madre di Sophie. Una ricerca che diventa pretesto narrativo per far esplorare alla ragazzina un mondo surreale, ma tremendamente duro e poetico, fatto di bambini che dei tetti di Parigi hanno fatto la loro casa. Una selvatichezza urbana, dunque, un’altra avventura quasi iniziatica in cui Sophie imparerà ad affrontare le paure, a mangiare piccioni arrosto, a combattere per la propria vita.
Pur essendo figure che incontrano la solitudine e la paura, Wilhelmina e Sophie non sono sole. Anzi, è proprio nelle esperienze di cui si racconta nei romanzi che impareranno a fidarsi dei propri pari: non tutto il mondo esterno è cattivo. Determinante per Wilhelmina sarà l’incontro Daniel, conosciuto per caso nello zoo in cui si era rifugiata; decisiva per Sophie la conoscenza di Matteo, un ragazzino sveglio e misterioso sui tetti di Parigi.
Non meno significative sono le figure adulte di questi due romanzi. In particolare due relazioni sono tratteggiate con stupefacente sensibilità. Moltissimo mi è piaciuta la figura di Charles Maxim, il padre adottivo di Sophie, un capolavoro di comprensione, complicità, sostegno silenzioso e paziente. Alcuni loro dialoghi sono memorabili. Altrettanto intensi sono i dialoghi tra Wilhelmina e la nonna di Daniel, personaggio inaspettato e prezioso, capace di ribaltare le aspettative del lettore e la visione del mondo di Wilhelmina. Sarà l’anziana signora a spiegare a Wilhelmina cosa significa imparare a fare “capriole sotto il temporale”.
Katherine Rundell costruisce due storie dal forte impatto emotivo e sensoriale che mi sembra esprimano perfettamente quella strana soglia tra infanzia e adolescenza, tra libertà fantasiosa e dura realtà. Due romanzi perfetti che consiglio senza dubbio a lettori dai 12 anni.
P.S. Una nota la dobbiamo alla preziosa traduzione di Mara Pace che nel tradurre la Rundell svolge sempre un lavoro magnifico.
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