La signora degli abissi racconta la vita di Sylvia Earle, scienziata statunitense tra le più famose biologhe marine e oceanografe. Una donna per la quale l’aggettivo “ribelle” mi parrebbe sminuente, anche se facilmente la sua potrebbe essere annoverata tra le 100 vite di donne straordinarie.
La sua vita ci viene raccontata in prima persona con la solita, mai stancante, maestria narrativa di Chiara Carminati che riesce nella scrittura a restituire la grande poeticità di fondo che contraddistingue un cammino ricco di meraviglie e scoperte. In chiusura del libro potrete anche leggere un’intervista esclusiva a Sylvia Earle!
I disegni di Mariachiara Di Giorgio accompagnano di tanto in tanto il testo della Carminati arricchendo le atmosfere di incanto. Sono illustrazioni meravigliose, piene di vita sottomarina, di luci e colori, talmente intense e aggraziate che pare proprio di essere lì con lei, con Sylvia, a godere di quegli incredibili panorami naturali.
Sylvia aveva una passione, la vita marina, e ad essa ha dedicato, e dedica, tutta la vita, con competenza ed entusiasmo. Ha studiato, ha esplorato, ha amato, ha difeso la biodiversità subacquea. Una passione coltivata nel tempo, grazie ad una famiglia (straordinaria la figura della madre!) incoraggiante e comprensiva, grazie soprattutto a quello che lei ha definito il più bel giardino di casa che potesse immaginare di avere: il Golfo del Messico!
Nata nel New Jersey nel 1935, Sylvia si trasferì nella primissima adolescenza in Florida insieme alla famiglia: le sue esplorazioni, osservazioni, esperimenti e catalogazioni iniziarono proprio lì, in quelle passeggiate quotidiane sulla spiaggia, le mani e gli occhi puntati tra le onde a caccia di forme di vita; ma anche a leggere libri scientifici nascosta sotto le coperte di notte!
Sylvia è una donna, e poi una moglie. Amava uscire con ragazzi della sua età, ma, dichiara, ricercava solo quelle persone che con lei potessero condividere l’amore e la passione per la ricerca naturale!
Sylvia è anche madre, di tre figli. Una madre che ha sempre cercato di bilanciare in un equilibrio precario l’amore per i figli e l’amore per le profondità marine, non senza difficoltà, come ammette lei stessa. Ciò ha significato ad esempio accettare, con molti dubbi, di partire per una importante spedizione (unica donna!) in pieno Oceano Indiano lasciando a casa i primi due figli ancora piccoli. Ed è in attesa del terzo figlio, al quinto mese di gravidanza, quando si immerge a 38 metri di profondità (la splendida immagine della copertina del libro)!
Sylvia è stata la prima donna a spingersi oltre i limiti della ricerca nel suo settore disciplinare, si è confrontata con un immaginario maschilista e maschile, ha affrontato la derisione della stampa e dell’opinione pubblica, ha accettato compromessi, in nome della sua insaziabile curiosità. E’ una mente brillante condita di grande tenacia. Perseguendo con determinazione il suo lavoro, studiando, cercando finanziamenti, intessendo relazioni, avanzando proposte innovative e apparentemente impensabili, è riuscita a compiere un cammino straordinario.
Fu la partecipazione al progetto Tektite II a segnare un punto di svolta nella sua carriera e a far sì che i riflettori della stampa puntassero su di lei. In un equipaggio costituito da sole scienziate donne, Sylvia Earle si è immersa per due settimane nelle acque delle Isole Vergini americane per vivere e studiare in modo ravvicinato la vita sottomarina all’interno di una struttura subacquea posta a 15 metri sott’acqua.
Ero piena di domande. Da dove veniva quel corallo? Da quanti anni esisteva? Cosa succedeva ai pesci che gli passavano accanto? A cosa serviva la luce blu che lo percorreva come un brivido?
C’era così tanto da scoprire… e ancora ce n’è. Esplorare il mare è come esplorare lo spazio, con una grande differenza: siamo sicuri che qui esistono esseri viventi. E anzi, non c’è nessun altro posto che comprenda una ricchezza di forme di vita così diverse tra loro come il pianeta blu degli oceani.
Sylvia inizia a viaggiare e collezionare immersioni nei luoghi più remoti del mondo, non sembra mai sazia di sperimentare e progettare soluzioni per studiare sempre più da vicino le profondità marine. E’ così che si trova a passeggiare a 400 metri di profondità nella Jim Suite (una specie di tuta spaziale adattata per le immersioni) e poi a 900 metri grazie a uno sperimentale sommergibile monoposto da lei co-progettato, il Deep Rover. E poi ancora, da studiosa di alghe, si lascia appassionare dall’affascinante e ancora poco conosciuto mondo delle balene, durante una spedizione nell’Oceano Pacifico.
Sfruttando la sua notorietà, e le doti di comunicatrice, Sylvia si è dedicata instancabilmente alla sensibilizzazione verso tematiche ambientali, investendo molte energie nella difesa pubblica di quel patrimonio così prezioso, e purtroppo estremamente minacciato dalle attività umane, quale è la vita acquatica. Ha fondato l’organizzazione no-profit Mission Blue con cui ha dato vita a una rete di aree marine protette nel mondo e ha speso la sua immagine in moltissimi incontri pubblici.
Il racconto delle sue incredibili scoperte ed esplorazioni è innaffiato dal suo entusiasmo, reso perfettamente, senza stucchevolezza, da Chiara Carminati.
Leggere della sua vita significa avvicinarsi e appassionarsi a un mondo ai più sconosciuto ma anche abbeverarsi del suo travolgente entusiasmo. Se, infine, come me, sentirete il desiderio di conoscere meglio il volto di Sylvia attraverso le fotografie e i video, scoprirete anche un meraviglioso sorriso.
Il mare fa venire sete. Più ci stai, e più vorresti starci. E’ una sfida continua: non siamo nati per vivere in acqua, ma da lì veniamo, e alcuni di noi passano la vita a sfiorare i propri limiti per tornarci e per trattenersi il più a lungo possibile.
La vita e la storia di Sylvia Earle sono semplicemente fantastiche, su questo siamo d’accordo, dopo averlo letto ti viene una voglia di tuffarti in acqua con una maschera!
Però il testo l’ho trovato a tratti stucchevole e un po’ troppo favolistico, il racconto mi sembra più una favola che una biografia.
E poi c’è un fatto che proprio non mi va giù, non nel libro in sè ma nella collana “donna nella scienza” perché esiste una collana del genere? Come mai non c’è il corrispettivo maschile? Penso che sia molto più giusto realizzare un’unica collana con la biografia di scienziati, a prescindere che siano uomini o donne che fare una sezione a parte. Per questo trovo la collana sminuente per una scienziata.