Io ricordo benissimo. Non so se mi trovavo nel giardino di casa con il naso rivolto all’insù, così come la memoria oggi mi restituisce, ma queste domande come fulmini mi colpivano quasi schiaffeggiandomi, da piccolina. Me lo racconta mia mamma dell’angoscia che provavo, e la posso toccare ancora oggi, quell’emozione. Sono sola? Siamo tutti soli nella vita? E cosa c’è oltre il cielo? E quando muoriamo? E prima dov’ero?
David Grossman ha dato vita a un libro, L’abbraccio, che dà forma e sostanza a questi pensieri bambini. Le parole scritte, poche e ben distribuite, galleggiano nel bianco delle pagine del libro, restituendo al lettore lo stesso spaesamento del bimbo. Le delicatissime e minute illustrazioni di Michal Rovner, quasi accennate e sfocate, qua e là, sono fondamentali per riempire il vuoto e raggiungere l’essenziale. Perchè è di cose essenziali che si sta parlando, cose minuscole ma esplosive. Silenziose, come la domanda piccina “Allora anche tu sei sola?” che apre voragini.
Ben è piccolo, piccolo ma determinato nel suo perseverare in domande a cui la mamma risponde in modo sincero e onesto, diciamolo pure, poco tranquillizzante. Ma più le risposte della mamma sono sconcertanti nell’affermare l’esistenza di un indicibile e imperscrutabile senso, più aumentano le domande di Ben. “Anche di Splendida ce n’è solo una in tutto il mondo?”
All’improvviso i suoi occhi si fecero grandi e profondi.
“Anche tu mamma, sei unica, non c’è nessuno al mondo uguale a te?”. “No, non c’è”, risponde la mamma.
Esisti solo tu e dunque un giorno non esisterai più? (sembra voler chiedere il piccolo Ben). E pure le formiche, lo sa quella formichina che non c’è nessun altra al mondo come lei? Questo non lo posso sapere, dice la mamma.
A certe domande spesso risposta non c’è. Non tangibile, non certa, non univoca. All’interrogativo del figlio, la mamma risposta non dà. Non quella che forse lui insegue, una verità mascherata, una menzogna. La mamma non tesse illusioni, pensando così di proteggerlo, perchè forse sa che sarebbe uno scrollarsi dalle spalle il peso, l’enorme peso, di nominare l’innominabile, e cioè i grandi interrogativi dell’esistere umano. Risponde che non lo sa, che certe cose non può saperle, e che in fondo siamo tutti soli. E in questo modo non attua una resa di fronte alla propria responsabilità di madre, ma accoglie le paure del figlio, le ascolta, dà loro dignità, valore, contorni di normalità.
“E non ti senti sola, da sola…?”
La mamma sorrise, disegnò col dito dei cerchi per terra e rispose.
“Sono un po’ sola e sono un po’ con gli altri, a me va bene essere un po’ così e un po’ cosà…”
E’ una mamma che è roccia nel suo non mascherare la realtà, dura nel non dare respiro a illusioni. Una roccia che graffia, ma è ferma e irremovibile, stabile, sicura.
E’ una mamma che è acqua, dolce e accogliente, viva e avvolgente come un abbraccio.
E’ una mamma che rassicura nell’unico modo possibile: con un abbraccio, con l’amore.
Silvia, è un abbraccio ricevere le tue parole. Il nostro Santiago fa undici mesi oggi e mi sono svegliata con una sensazione di mare, bella come questo abbraccio, come la voglia di essere acqua e roccia per lui, grazie di questo regalo, un abbraccio anche per te
Grazie a te Ale!! Un abbraccio e un bacetto al piccolo grande Santiago.
Ho deciso di regalare a Natale ai miei tre figli ormai adulti “L’abbraccio”.
….con un abbraccio e nella speranza di essere sempre roccia e acqua per loro.
Una mamma
Ottima scelta Fabiola! Felice di averti ispirata… 🙂
Silvia, complimenti, bellissimo post! Mi hai fatto ricordare anche la Ana piccolina che queste domanda se gli faceva eccome! Perché…..
Tutti i grandi sono stati bambini una volta, ma pochi di essi se ne ricordano.
Antoine De Saint-Exupéry, da “Il piccolo principe”
Grazie Ana! 🙂