Arriviamo dunque alla storia, che è una storia di incontri. O meglio, di opposti che si trovano a convivere, nel bene e nel male, in una affascinante danza giocosa (e terribile) che continuamente li fa attrarre e respingere.
Il primo incontro è quello che avviene tra mondi diversi, e appare chiaro nella prima pagina – “un giorno, mio padre ci ha detto che saremmo partiti per un paese lontano” – insieme alle illustrazioni che già fanno presagire qualcosa di grande (una valigia di giochi e libri da portare con sé, un aereo in volo), e poi quella cosa che “lì dove andavamo, c’era un dentro e un fuori”.
È proprio questo dialogo tra un dentro e un fuori che definisce l’ossatura narrativa, scandita anche graficamente in capitoli alternati “dentro” e “fuori”.
La delicatezza dell’autrice è disarmante nel far intuire, e pure esplicitare, le cose brutte che avvengono fuori, e un po’ anche dentro. Ci racconta di un dentro che è lo spazio domestico rassicurante e quasi idilliaco, il luogo in cui la famiglia va ad abitare, pullulante di bellezza, nel giardino “senza fine” con farfalle da rincorrere, “angoli segreti”, “fontane colore del cielo”, uccelli e persino “uno stagno dove viveva una carpa di cent’anni”.
La sera, il profumo dei gelsomini invadeva il giardino. Mangiavamo fuori, a lume di candela, fra il rumore delle fontane e il concerto delle cicale.
Un mondo magico, quello, un tempo persino “abitato da principi e principesse / quelli veri, non quelli delle storie inventate”. Se non fosse per quel fuori che subito dopo irrompe violentemente, anche nei disegni eloquenti di sguardi minacciosi e armi tinti di un color rosso sangue e distruzione.
Si parla di una guerra che aveva cacciato i principi e le principesse, di suoni “inghiottiti dai colpi delle pallottole”. Conosciamo la “città–mostro”.
Persino il vento fra le foglie degli alberi giganti si era zittito.
Poi torna la quiete, il dentro, i colori verdi e azzurri, accoglienti, i volti di una bambina (Chiara) e del suo fratellino, sorridenti a correre nel giardino insieme a un cane.
In effetti, “c’era un muro che ci proteggeva dalla città–mostro”.
Ma come sempre accade, è difficile separare un dentro da un fuori, anche se c’è un muro. E così leggiamo di un “fuori” che si insinua in tutti i modi, con “le sirene anti–aereo” e con la paura che attanaglia la famiglia. Leggiamo di una mamma che non può far altro che stringere i due figli tra le braccia e prendersela con i corvi “che mangiavano i suoi fiori e facevano cacche viola e rosa per tutto il giardino”.
Il racconto di Chiara ci seduce nelle trame di pace del giardino per poi sbatterci in faccia il terrore per ciò che è fuori, invisibile e incontrollabile. Ci cattura nella scrittura dall’incedere lento ma assai incisivo, in un lessico poetico ma estremamente concreto come le erbe “alte e secche (che) ci graffiavano le gambe”. Il ritmo incalzante è reso superbamente anche attraverso una narrazione visiva che ci riporta indietro nel tempo, ed è piena di contrasti e chiaroscuri, forme sinuose e accoglienti e poi silhouette vagamente inquietanti. Vediamo i colori caratterizzanti il dentro (toni del verde) e il fuori (rosso arancio) avvicinarsi sempre più fino ad incontrarsi nelle medesime scene. Vediamo le ampie illustrazioni a pagina intera o mezza pagina lasciar spazio a riquadri più piccoli e dinamici; vediamo comparire i dialoghi, urlati e sussurrati, e i balloons del fumetto ad accoglierli.
Il ritmo crescente della narrazione ci porta al fulcro della trama: un incontro, in cui fuori–dentro diventa dentro–fuori senza quasi accorgersene. Un giorno, un bambino si affaccia dall’altro lato del cancello “poi, svelto come un gatto, si è arrampicato sul muro ed è saltato nel nostro giardino”.
Quella che nasce è un’amicizia tra due bambini, Chiara e Massoud. Chiara sta dentro e Massoud sta fuori. Ci viene raccontata preservandone la magia e il mistero – “non parlavamo la stessa lingua” -, mostrandoci il fascino e la complicità nell’essere semplicemente bambini nonostante la paura e “il nero respiro della città–mostro”.
Ma le scorribande nel giardino, le fantasie vissute insieme, i salti, le corse di Chiara e Massoud diventano anche atto di trasgressione verso un mondo che non dovrebbe essere per i bambini (e per nessuno). Non solo oltre il giardino, ma anche oltre la paura.
Quei due bambini sfidano l’assurdità del male creando il loro regno fantastico del Dentro-Fuori e giocando sfidano i loro nemici con barbe e turbanti. I due bambini osano, e provano rabbia e timore per aver osato. Infine, si scambiano un prezioso e coraggioso segreto che resterà nelle loro vite, o meglio nella vita di Chiara una volta lasciato quel paese, come un velo di malinconica dolcezza.
Oltre il giardino è un albo costruito ad arte in ogni sua componente, ed è una storia che sa arrivare ai bambini perché nonostante ci parli di mondi e tempi lontani restituisce con freschezza e spontaneità lo sguardo dei bambini, fatto di coraggio e paure, di corse libere e di muri, di amicizie incontrate e poi lasciate andare.
P.S. Avrei forse evitato le tre righe finali, a mio avviso lievemente ridondanti e superflue in una storia già di per sé molto comunicativa.
wow
bellissimo
ammaliante
bello