Oltre il giardino

Silvia Sai

È dote rara saper comunicare la vita attraverso la scrittura. Costruire con parole una trama emotiva che risuoni con vigore nell’animo del lettore.

Spesso ho incontrato questa dote in scrittori che narrano esperienze di vita vissuta (in prima persona o da terzi), penso ad esempio a Il viaggio di Francesca Sanna (qui) o a La bambina della luna di Mehrnousch ZaeriEsfahani (qui). Eppure, ciò non è sufficiente. Occorrono almeno altre tre cose: un distacco emotivo dalla propria vita personale che lasci tuttavia trapelare una forza empatica; una sintesi efficace che si traduca in chiarezza espositiva; un sapiente lavoro editoriale che armonizzi parole a immagini e scelte grafiche.

Chiara Mezzalama possiede questa dote e il bellissimo albo illustrato Oltre il giardino ne è la prova. Illustrato da Régis Lejonc e edito da Orecchio Acerbo, il libro muove i suoi passi nei ricordi di vita dell’autrice. Ce lo racconta lei nell’introduzione, offrendoci uno spaccato della storia dell’Iran tra fine anni ‘70 e inizi anni ‘80 in cui Chiara si è trovata a vivere seguendo con la famiglia il padre divenuto ambasciatore in quel paese proprio in quegli anni così turbolenti e spaventosi.

Io l’introduzione però l’ho letta solo dopo aver concluso la lettura dell’albo e ho compreso in che cosa affondasse le radici quella vivida bellezza appena letta. Capita, a volte, che le introduzioni o postfazioni riempiano di senso e valore una storia narrata, quasi che senza di esse il libro avesse meno luce. Non è questo il caso: anche ignorando la cornice autobiografica, il libro è potente.

Oltre-giardino-Chiara-Mezzalama-Régis-Lejonc-Orecchio-Acerbo

Arriviamo dunque alla storia, che è una storia di incontri. O meglio, di opposti che si trovano a convivere, nel bene e nel male, in una affascinante danza giocosa (e terribile) che continuamente li fa attrarre e respingere.

Il primo incontro è quello che avviene tra mondi diversi, e appare chiaro nella prima pagina – “un giorno, mio padre ci ha detto che saremmo partiti per un paese lontano” – insieme alle illustrazioni che già fanno presagire qualcosa di grande (una valigia di giochi e libri da portare con sé, un aereo in volo), e poi quella cosa che “ dove andavamo, c’era un dentro e un fuori”.

È proprio questo dialogo tra un dentro e un fuori che definisce l’ossatura narrativa, scandita anche graficamente in capitoli alternati “dentro” e “fuori”.

La delicatezza dell’autrice è disarmante nel far intuire, e pure esplicitare, le cose brutte che avvengono fuori, e un po’ anche dentro. Ci racconta di un dentro che è lo spazio domestico rassicurante e quasi idilliaco, il luogo in cui la famiglia va ad abitare, pullulante di bellezza, nel giardino “senza fine” con farfalle da rincorrere, “angoli segreti”, “fontane colore del cielo”, uccelli e persino “uno stagno dove viveva una carpa di cent’anni”.

La sera, il profumo dei gelsomini invadeva il giardino. Mangiavamo fuori, a lume di candela, fra il rumore delle fontane e il concerto delle cicale.

Un mondo magico, quello, un tempo persino “abitato da principi e principesse / quelli veri, non quelli delle storie inventate”. Se non fosse per quel fuori che subito dopo irrompe violentemente, anche nei disegni eloquenti di sguardi minacciosi e armi tinti di un color rosso sangue e distruzione.

Si parla di una guerra che aveva cacciato i principi e le principesse, di suoni “inghiottiti dai colpi delle pallottole”. Conosciamo la “cittàmostro”.

Persino il vento fra le foglie degli alberi giganti si era zittito.

Poi torna la quiete, il dentro, i colori verdi e azzurri, accoglienti, i volti di una bambina (Chiara) e del suo fratellino, sorridenti a correre nel giardino insieme a un cane.

In effetti, “c’era un muro che ci proteggeva dalla cittàmostro”.

Ma come sempre accade, è difficile separare un dentro da un fuori, anche se c’è un muro. E così leggiamo di un “fuori” che si insinua in tutti i modi, con “le sirene antiaereo” e con la paura che attanaglia la famiglia. Leggiamo di una mamma che non può far altro che stringere i due figli tra le braccia e prendersela con i corvi “che mangiavano i suoi fiori e facevano cacche viola e rosa per tutto il giardino”.

Il racconto di Chiara ci seduce nelle trame di pace del giardino per poi sbatterci in faccia il terrore per ciò che è fuori, invisibile e incontrollabile. Ci cattura nella scrittura dall’incedere lento ma assai incisivo, in un lessico poetico ma estremamente concreto come le erbe “alte e secche (che) ci graffiavano le gambe”. Il ritmo incalzante è reso superbamente anche attraverso una narrazione visiva che ci riporta indietro nel tempo, ed è piena di contrasti e chiaroscuri, forme sinuose e accoglienti e poi silhouette vagamente inquietanti. Vediamo i colori caratterizzanti il dentro (toni del verde) e il fuori (rosso arancio) avvicinarsi sempre più fino ad incontrarsi nelle medesime scene. Vediamo le ampie illustrazioni a pagina intera o mezza pagina lasciar spazio a riquadri più piccoli e dinamici; vediamo comparire i dialoghi, urlati e sussurrati, e i balloons del fumetto ad accoglierli.

Il ritmo crescente della narrazione ci porta al fulcro della trama: un incontro, in cui fuoridentro diventa dentrofuori senza quasi accorgersene. Un giorno, un bambino si affaccia dall’altro lato del cancello “poi, svelto come un gatto, si è arrampicato sul muro ed è saltato nel nostro giardino”.

Quella che nasce è un’amicizia tra due bambini, Chiara e Massoud. Chiara sta dentro e Massoud sta fuori. Ci viene raccontata preservandone la magia e il mistero – “non parlavamo la stessa lingua” -, mostrandoci il fascino e la complicità nell’essere semplicemente bambini nonostante la paura e “il nero respiro della cittàmostro”.

Ma le scorribande nel giardino, le fantasie vissute insieme, i salti, le corse di Chiara e Massoud diventano anche atto di trasgressione verso un mondo che non dovrebbe essere per i bambini (e per nessuno). Non solo oltre il giardino, ma anche oltre la paura.

Quei due bambini sfidano l’assurdità del male creando il loro regno fantastico del Dentro-Fuori e giocando sfidano i loro nemici con barbe e turbanti. I due bambini osano, e provano rabbia e timore per aver osato. Infine, si scambiano un prezioso e coraggioso segreto che resterà nelle loro vite, o meglio nella vita di Chiara una volta lasciato quel paese, come un velo di malinconica dolcezza.

Oltre il giardino è un albo costruito ad arte in ogni sua componente, ed è una storia che sa arrivare ai bambini perché nonostante ci parli di mondi e tempi lontani restituisce con freschezza e spontaneità lo sguardo dei bambini, fatto di coraggio e paure, di corse libere e di muri, di amicizie incontrate e poi lasciate andare.

P.S. Avrei forse evitato le tre righe finali, a mio avviso lievemente ridondanti e superflue in una storia già di per sé molto comunicativa.

OLTRE IL GIARDINO

Chiara Mezzalama (testo), Régis Lejonc (illustrazioni)

Traduzione di Paolo Cesari

Orecchio Acerbo

Anno di pubblicazione: 2019

32 pp. | 21 x 33 cm.

Prezzo di copertina: 15 euro

Età di lettura: dai 7 anni

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3 risposte a “Oltre il giardino”

  1. Caterina ha detto:

    bellissimo

    ammaliante

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