Su una trama lievemente ironica, enfatizzata dalle espressive illustrazioni di Ponti, si dipana una piacevole storia un poco buffa, un po’ emozionante.
La cornice è quella fiabesca – ci sono un re, una regina, un ciambellano, un principe, un castello… – ma fin dall’apertura traspare una sensazione straniante:
C’era una volta… un paese dove ai neonati non si davano i nomi a caso.
La formula però era semplice e veloce: si guardava il bambino appena nato e, con un tono più o meno solenne, si dichiarava: “Ha una faccia da Paolina, Gerolamo, Camilla”.
Al re e alla regina di questo paese nacque un giorno un figlio e, quando videro la sua faccia, e il suo corpo, non ebbero alcuna scelta; il solo nome che venne loro in mente fu Puff.
Non c’è nulla da fare, guardandolo e riguardandolo, i regnanti riconoscono in quel piccolo bambino solo Puff (e come dargli torto? magistrale Claude Ponti a rappresentare il principino…). Quando Puff compie 2 anni, siccome a detta dei genitori è intelligentissimo, occorre fornirgli una educazione scolastica ma, per preservarlo da probabili derisioni a causa del suo nome (non avvertite un divertente paradosso in tutto ciò?), il re e la regina decidono di rivolgersi a un precettore. La ricerca li porta a un uomo consigliato da tutti gli altri regnanti: il Signor Chiappa (!). Certo il nome è buffo, e l’invidioso e malvagio ciambellano Nerofumo non manca di segnalare la stranezza, ma a nulla valgono le sue rimostranze.
Il Signor Chiappa fa dunque ingresso a corte e subito mostra una sintonia empatica con il piccolo Puff il quale, con grande sorpresa del maestro, non scoppia a ridere sentendo il suo nome – ma d’altra parte “quando ci si chiama Puff…” -. Che cosa ha visto il professore in Puff durante questo primo incontro tanto da convincerlo di avere incontrato il miglior allievo di sempre? Forse una dote autoironica e empatica, indice di grande intelligenza? A me piace pensare così.
Le lezioni che il precettore avrà modo di fare sono solo 3, prima che la situazione degeneri, come vedremo tra poco, e agli occhi dei genitori paiono alquanto strambe. Come riferisce Puff al termine degli incontri, con il Signor Chiappa ha imparato che 1 + 1 fa 2, che un gatto è un gatto, e a far delle formine con la plastilina.
Nonostante il lettore, consapevole al contrario dei genitori di ciò che accade durante le lezioni, intuisca la profondità di questi semplici insegnamenti, è facile immaginare lo sconforto dei regnanti che, pur accorgendosi della grande felicità del loro bambino, al termine della terza lezione accettano il suggerimento di Nerofumo. Simulando una guerra improvvisa e la morte dei genitori, la capacità di regnare (a soli 2 anni!) e dunque l’efficacia degli insegnamenti del Signor Chiappa saranno messi alla prova. La messa in scena ha inizio, il signor Chiappa viene licenziato e cacciato dal castello dal rabbioso Nerofumo. Nel cuore della notte, Puff è svegliato di soprassalto dal ciambellano e avvertito della situazione. Dopo un disorientamento iniziale, Puff mantiene la calma e fa funzionare il cervello, ragiona, fa tesoro degli insegnamenti di Chiappa, nota incongruenze e stranezze (i genitori hanno avuto un comportamento lievemente insolito nel dargli la buonanotte…), osserva. E infine scopre l’inganno.
Il lieto fine è assicurato. Il Signor Chiappa non farà ritorno al castello, ma diventerà leggenda e forse, come Mary Poppins, visiterà altri castelli e altri bambini.
Cosa ha fatto dunque il professore?
Semplicemente, ha insegnato a Puff la fiducia in se stesso, nelle proprie capacità, nelle possibilità di riuscire a fare qualcosa anche quando all’inizio sembrava difficilissimo! Pochi sono i dialoghi tra Puff e il suo maestro, ma significativi. Misurati sono gli interventi del Signor Chiappa che invita con delicatezza al ragionamento e all’osservazione. La gioia dell’insegnamento mostrata dal Signor Chiappa contagia Puff che appare entusiasta e felice, e ogni apprendimento – per quanto piccolo e insignificante possa apparire – è festeggiato dal maestro con salti di gioia, abbracci, danze e risate. La complicità, la fiducia in primis del maestro verso l’allievo, la passione, la curiosità, sono ingredienti che consolidano in Puff il piacere per la conoscenza, un piacere che, è bene sempre tenerlo a mente, non è innato, ma deve essere coltivato e incoraggiato.
La lettura ci travolge in un ritmo sostenuto, ravvivato da un’impostazione grafica che vede variare nelle tavole la disposizione di testo e immagini, sorridiamo molto, e siamo colti da squarci illuminanti. Sono convinta che la lettura possa essere piacevole anche per un bambino, il quale apprezzerà, sintonizzandosi con il piccolo protagonista, la bella storia fiabesca fatta di inganni, sfide, misteri e vittorie finali.
Ma il mio primo pensiero mi porta a pensare a quanto questo libro possa essere perfetto per quei genitori e quegli insegnanti che non dimenticano quanto, prima di tutto, e sempre, sia indispensabile coltivare la felicità del bambino, la gioia per la conoscenza, l’autostima. In altre parole, a tutti coloro che si affiancano fiduciosi ai bambini, offrendo con fermezza, rispetto ed entusiasmo la loro piccola cassetta degli attrezzi per la vita, da provare, sperimentare, giocare, fare propria.