Incontriamo Isotta mentre, nel giardino dell’hotel Tordo d’Oro dove il padre Toni lavora come cuoco, cammina con lo sguardo basso in cerca di piume per la sua collezione e si imbatte in un tordo morto. Il cane Buf si precipita ad avvisarla (il mondo animale parlante con Isotta è una costante del libro così come accadeva in Pluk):
“Vieni, in fretta! Ci risiamo! Tuo padre lancia padelle e forchette. Sbau-bau-sbrigati!”.
Isotta conosce bene gli attacchi d’ira del padre ma quando arriva è troppo tardi: il datore di lavoro è piuttosto cinico e licenziamento è già avvenuto. E questo è un bel problema perché Toni non ha le carte in regola: “se uno non ha le carte in regola, puoi fare di lui quello che ti pare. Possono farmi lavorare per una miseria e possono licenziarmi quando gli fa più comodo”. Beh, iniziare un libro in questo modo (“Torti” e il titolo del capitolo iniziale) non è da tutti vero?
Ecco dunque il duplice fuoco che muove la storia: il caratteraccio di Toni che gli fa perdere un lavoro dopo l’altro e gli crea un mucchio di altri problemi e la sua condizione precaria nella società per la mancanza di documenti. Questi sono gli ostacoli da superare, il bastone che spinge continuamente a trovare nuove strade, a reinventarsi, a cercare il proprio posto nel mondo in cui vivere tranquilli. Le luci e ombre di cui scrivevamo prima: le ingiustizie del mondo, spesso assurde e insensate, le frustrazioni quotidiane, la precarietà dell’oggi e del domani, il faticoso cammino verso l’accettazione e il controllo degli umori più burrascosi o malinconici.
Eppure, il tono è sempre quello dell’ironia e della leggerezza perché la coppia padre-figlia è piena di risorse: Toni è davvero un ottimo cuoco, Isotta è ingegnosa, hanno un furgoncino piccino e accogliente come casa, e un’intera squadra di uccelli e animali pronta ad aiutarli.
Non c’è molto tempo per annoiarsi perché il ritmo è sostenuto, con accelerazioni improvvise e fughe rocambolesche (a partire da quello stormo di uccelli presente fin dai risguardi), una buona dose di dialoghi, continue nuove ambientazioni e situazioni, tra alberghi, angoli idilliaci di campagna e inospitali parcheggi, diversi i personaggi che entrano, escono e poi ritornano in scena. L’avventura è quasi corale perché i personaggi -umani e animali- sono davvero molti, così come le storie parallele a cui danno vita nel filo narrativo principale (io ho adorato quella dei topolini!). Tutte storie piene di una traboccante umanità.
Ma l’aspetto che più mi ha colpita è la relazione padre-figlia, fuori da ogni cliché, anche se in apparenza potrebbe sembrare il contrario: lui, sbadato e irascibile, fa e disfa per sbarcare il lunario; lei, Isotta, comprensiva, non demorde, sa come gestire il padre. Non è la solita (perdonatemi, ma questo è ormai uno stereotipo letterario) storia di figli adeguati che fanno i responsabili con padri inadeguati. Toni vuole molto bene a Isotta, è onesto, non è assente, non abdica al proprio ruolo, in alcuni casi sa essere estremamente responsabile. Il loro è un bellissimo cammino di trasformazione comune.
Isotta dà il meglio di sé in lettura ad alta voce, in classe o in famiglia.
Vi consiglio davvero di non perdere l’occasione di conoscerla!
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