Pochi giorni sono trascorsi da quando il cuore dell’Europa è stato profondamente ferito e attaccato. Le bombe sono esplose in luoghi simbolicamente connessi al viaggio, allo scambio, alla migrazione: un aeroporto e una stazione della metropolitana. Guardo le immagini, ascolto le persone, percepisco crescere una profonda sensazione di disagio, di insicurezza che rende guardinghi, di autolimitazioni personali legate alla paura. Per un po’ forse la gente non viaggerà più, si chiuderà in casa, limiterà le frequentazioni di luoghi pubblici. Forse le cose andranno anche peggio. Si chiuderanno le frontiere, si limiterà la libertà personale per garantire la sicurezza pubblica.
Oggi immagino sia andata proprio così a Thia, un’isola attaccata alla terra ferma da un solo istmo di terra che appare e scompare al passaggio della marea, nata dall’ars scribendi di Annalisa Strada che ha dato vita ad un libro intenso e coinvolgente “L’isola dei libri perduti” – Einaudi Ragazzi.
Ma da quali nemici si difendeva Thia? Per chi si trovava sull’isola, i nemici erano tutt’attorno. Chiunque non fosse dentro Thia implicitamente la minacciava. Quando Thia aveva cominciato a difendersi? […] l’assetto di guerra durava da un tempo indefinito che non ambiva a nessuna tregua. Gli isolani si erano chiusi tra le onde e le mura, alimentando la diffidenza con pregiudizi, regole, leggi e paure opportunamente nate ogni volta che la tensione si allentava. L’effetto complessivo era quello di un sacchetto di plastica stretto attorno alla testa.
Un’isola in cui gli abitanti non amano passeggiare, preferendo evitare incontri casuali con i concittadini, quasi si rischiasse di dover parlare di qualcosa di scomodo. Un luogo da cui la gente non sente l’esigenza di uscire perchè lì c’è tutto…nessuno tranne i quattro ragazzi protagonisti del romanzo, Amalia, Nazario, Corrado e Flora. La loro curiosità si accende, le loro menti riprendono vita e si scrollano di dosso quel torpore sociale che pervade Thia quando, per caso, trovano una mappa antica dell’isola che pare indicare percorsi segreti per uscire da lì.
Non vogliono più essere parte di un paesaggio urbano che qualcun’altro ha deciso per loro…
“Nessuno ci aiuta a pensare a qualcosa di diverso”
Nessuno stimola il pensiero critico, chi si comporta diversamente dalla massa viene punito, isolato. I libri sono elementi sovversivi, aprono prospettive di vita altre, portano a viaggiare oltre i confini di Thia. Hanno iniziato a sparire molti anni prima della nascita dei quattro ragazzi; un giorno il Municipio fece smantellare la biblioteca, grossi carri trainati da buoi bianchi partivano con i pianali carichi di libri in direzione della discarica. Nessuno pareva farci caso, tranne Agape, all’epoca giovane ragazza, e Cristoforo, vecchio rigattiere. Iniziarono a recuperare i libri durante la notte e a ricostruire una biblioteca segreta sottoterra, di cui Agape è generosa custode.
Quella biblioteca segreta Nazario e Amalia la frequentano, di nascosto, da molto tempo. Hanno letto tanti libri, visto tante immagini di cose che a Thia non esistono, hanno avuto la possibilità di mantenere viva una scintilla, una passione. Divengono i trascinatori del gruppo, i convinti sostenitori che l’unico modo per essere liberi veramente è quello di lasciare l’isola, di andarsene seguendo le linee tratteggiate sulla mappa. Flora è una irrequieta, cerca qualcosa che non sa bene cosa sia, ha una famiglia perfetta come Thia, esattamente come i suoi genitori la immaginavano, fotocopia di un immaginario impossibile. Il corpo di Flora si ribella, è magrissima, viene picchiata, è sempre fuori luogo. Quando per la prima volta entra nella biblioteca segreta capisce che oltre la sua vita c’è molto altro, ci sono Amalia e Nazario da seguire.
All’inizio per lei è difficile leggere. Non è abituata.
Prova a immaginare quel che leggi: le parole diventano più facili.
Ma poi anche lei inizia a vedere oltre e a vedere altro.
Corrado invece è un indeciso, un ragazzo che fa della sbruffonaggine la corazza di protezione di un animo profondamente insicuro. Si fa trascinare in questa avventura più per spirito di emulazione che per reale convinzione. Si rivelerà un delatore, decidendo di non partecipare alla fuga finale che poi fuga non sarà ma allontanamento a testa alta, alla luce del sole, attraverso la grande porta di ingresso a Thia, sempre presidiata dai soldati.
Il finale non è di quelli zuccherosi, non c’è un semplice lieto fine. Ci sono tante strade diverse che si aprono sul finire della storia, tante vite possibili a valle di scelte o non scelte. Thia non è cambiata. I quattro ragazzi sì e forse, ognuno a modo suo, avranno costruito un pezzo della storia di questa prigione dorata.
Dove inizia e dove finisce un posto? La legge definisce dei confini, a volte l’uso li conferma, altre li ritocca oppure li aggiusta. Ma il confine più importante non è il tratto fisico che separa un «qui» da un «là»: il confine più importante è quello che scavalca la nostra mente quando ci fa dire «sono dove non voglio essere» oppure «sono dove voglio essere».
I ragazzi protagonisti di questa storia sono esempio vivente di come sia possibile avere pensieri propri, esercitare l’arte del dubbio, guardare oltre ciò che si vede o ciò che ci vogliono fare vedere. Sapremo, noi, oggi, essere un po’ Amalia, Nazario o Flora? L’Europa diverrà una Thia moderna? Non c’è una strada giusta o una sbagliata, ci sono tante menti che possono interrogarsi e guardare oltre. Speriamo…
e bello ma la fine non era tanto bella e era noioso perchè la fine deve un po essere un po felice strabigliante non riesco tanto a definire la fine do solo per il libro 2 o un 3