La storia appare così drammaticamente attuale anche oggi…i minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio italiano sono migliaia.
Lev parte con una piccola valigia dentro cui custodisce l’unica cosa cara che gli è rimasta, la sua collezione di francobolli. Ma come nelle più terribili storie dei Grimm, Lev viene picchiato e privato anche di quella da un soldato nazista prima di potersi mettere in salvo.
La vita in Gran Bretagna è dura. Lev è solo. Viene mandato in campagna presso una famiglia contadina dove sopravvive senza vivere per davvero.
“Il cibo migliore è per i loro figli, e per me solo quello che resta.”
“Mi manca tanto papà. Qui non c’è nessuno che mi dica come fare le cose, che mi aiuti e mi protegga. Nessun altro qui è come me. Sono molto solo”.
Un’altra storia di solitudine che tempra i caratteri. Lev è diventato un uomo di successo, un importante ingegnere in ambito civile, si è sposato, ha figli, nipoti e pronipoti. Il più piccolo si chiama Lev, che in ebraico vuol dire cuore.
Il libro racconta una storia poco conosciuta che mi ha portato a cercare maggiori dettagli sui kindertrasport e soprattutto sulle motivazioni che hanno spinto la Gran Bretagna a organizzare una tale operazione che ha permesso di mettere in salvo oltre 10’000 bambini provenienti da Germania, Austria e Cecoslovacchia. La storia racconta di una forte mobilitazione popolare e dell’opinione pubblica, oltre che delle pressanti richieste dei comitati per l’aiuto dei rifugiati e dei movimenti per la tutela del bambino.
L’albo è bilingue, quasi a voler mantenere quel ponte che ha legato la Gran Bretagna all’Europa durante la guerra. Le illustrazioni riportano indietro agli anni ’40 con i tratti a matita poco morbidi, a cui fanno da contraltare invece i colori a pastello caldi utilizzati. Colpisce anche la tecnica del collage che viene utilizzata per riportare all’interno dell’albo oggetti reali, quali i bottoni che Hannah cuce, i francobolli di Lev o quel cibo che gli era vietato. Ciò che ci parla sono gli sguardi che a tratti si fanno seri, preoccupati, attoniti e altre volte si riempiono di gioia e possibili futuri.
Lev, al contrario di Erika, ritroverà la sua famiglia, ma non sarà già più un bambino, o forse non ha mai avuto la fortuna di esserlo.
Come tutti, nel leggere i libri da voi segnalati, arrivati da amazon in 24 ore!, mi sono commosso. Non ho altre parole per sottolineare quanto queste due brevi storie di vita vissuta mi abbaino colpito. Le mie tre nipotine sono troppo piccole ancora per capire, ma conserverò gelosamente questi testi, così belli anche nelle illustrazioni, per leggerli a Vittoria tra un paio di anni, a Virginia tra quattro e a Nicole tra sette. Nel frattempo forse potranno vedere le figure e piano, piano potrò iniziare a raccontare loro la tragedia dello sterminio di sei milioni di ebrei. Noi nonni abbiamo il compito di raccontare, di ricordare, di coinvolgere i nostri nipoti. I genitori, pur in gamba e perfetti, spesso non hanno il tempo di farlo.
Caro Adriano due volte grazie a te…la prima per le tue belle parole, la seconda perché Lev l’ho preso anche spinta da una tua mail a Silvia. Oggi per noi genitori è veramente molto difficile rallentare i ritmi, andare sotto la superficie delle cose, dare il tempo ai nostri figli per arrivarci…purtroppo le quotidianità e i tempi pressanti a volte non lo permettono. Le Galline sono uno spazio che io e Silvia ci ritagliamo con i denti proprio perché fermarsi a pensare è bello…voi nonni in questo potete dare un contributo fondamentale. Avete la voglia, a volte il tempo e soprattutto l’esperienza di una vita vissuta! Ada
Ada mamma mia! Io piango a leggere queste storie e purtroppo non di commozione. È difficilissimo per me, soprattutto quando le storie riguardano i bambini: che coraggio, che forza, che strenuo attaccamento alla speranza e che dolore quei genitori, che dolore! I libri sembrano splendidi entrambi: Innocenti piace molto a mio marito e Barbara Vagnozzi mi sembra brava. Tu riesci a leggere tranquillamente storie così? Io devo centellinarle.
Le storie così sono profondamente strazianti perchè ci riportano proprio dritti alle nostre quotidianità, alle nostre relazioni più intime e forti, ai legami con i nostri figli. A me pare inconcepibile pensare di separarmi da loro e soprattutto di lasciarle in balia dei venti e degli eventi, con la totale e completa incertezza sul loro destino. La morte è forse più forte di qualsiasi cosa…forse quando la guardi in faccia sai cosa è giusto fare. Maria io normalmente piango, mi commuovo, mi si arrotolano le budella a leggere queste storie. Ma come vedi quelle che ho scelto sono a lieto fine e il solo saperlo mi rende più sicura nella lettura…il Volo di Sara non mi fa lo stesso effetto.