Silvestro e il sassolino magico

Silvia Sai

Ed ecco che stringo tra le mani un capolavoro.
Scovato tra le novità di questi giorni in libreria, approdato subito a casa, è entrato dritto nel cuore mio e di Ilde. Io quasi commossa, lei incantata come rare volte è successo, fino a chiederne più e più volte la lettura.
Ilde, quattro anni, dal carattere con forti sfumature di sensibilità, ha amato subito questo libro straordinariamente potente, per gli stati d’animo innescati, per la semplicità nel toccare profondamente il sentire bambino, e impeccabilmente perfetto, nel rapporto tra testo e immagini, nella costruzione narrativa, nella traduzione davvero egregia di Mara Pace.

Ammetto, non conoscevo l’autore, William Steig. Americano, di cultura ebraica, è stato un grandissimo artista (illustratore e scultore) del secolo scorso, deceduto nel 2003. Non conoscevo nemmeno la sua paternità di Shreck, testo dal quale in seguito fu creato il famoso film d’animazione.

Grazie a Silvestro e il sassolino magico, ora nuovamente riedito da Rizzoli (la prima edizione italiana era per Mondadori) in un bel formato discretamente grande, William Steig è stato insignito della prestigiosissima Caldecott Medal nel 1970.

L’edizione Rizzoli propone, nell’ultima pagina, il discorso di Steig pronunciato proprio in quella occasione e, considerato che l’ho sentita molto intensa, per evitare che qualcuno di voi se ne perda la lettura, magari annoiato dal post, ne propongo subito una parte.

L’arte, inclusa la letteratura per ragazzi, ha il potere di rendere qualsiasi angolo della terra il centro dell’universo; al contrario della scienza, che spesso ci dà l’illusione di capire ciò che in realtà non capiamo affatto, l’arte ci aiuta a conoscere la vita senza privarla del suo mistero. Ci nutre di stupore. E lo stupore si traduce in rispetto per la vita. L’arte invita al gioco e all’avventura, ci spinge a muoverci nel mondo con occhi vivaci, per fare sempre nuove scoperte.

Silvestro e il sassolino magico | William Steig | Rizzoli - Galline Volanti

Come iniziare a raccontare un libro così denso di rimandi e chiavi di lettura? Forse proprio dall’estrema semplicità della storia. Una storia che ti tiene attaccato a lei, parola dopo parola, in una parabola emotiva senza eguali, una storia che trascina il lettore a viverla proprio come un’esperienza di vita.
Tutto è qui tremendamente lineare e scorrevole, ma durante la lettura si ha la netta percezione di esplorare cose grandi, cose della vita, di noi, di tutti. Sullo sfondo, si coglie il sapore delle fiabe e dei grandi classici della letteratura – il debito verso le fiabe dei Grimm e Pinocchio sono esplicitati dallo stesso autore-.

Ma veniamo al nostro asinello Silvestro Somarelli che, insieme a mamma e papà, abita nel villaggio di Collefieno, precisamente in via della Ghianda. Silvestro ama collezionare sassi di ogni forma e colore speciali, capita così che un giorno, durante una delle sue esplorazioni vicino casa, trovi un sasso magnifico, rosso, liscio, rotondo.

Ben presto Silvestro si accorge di avere tra le mani qualcosa di straordinario, un piccolo sasso con la capacità di avverare i desideri. Ohibò. Già qui sentiamo crescere il ritmo narrativo, mano a mano che Silvestro compie diverse prove di magia volte a confermare la magia del sasso.
Felice, forte nell’animo per questa onnipotenza, Silvestro si avvia verso casa.

“Che giorno fortunato!” pensò Silvestro. “D’ora in poi, potrò avere tutto quello che voglio. E anche la mia mamma e il mio papà. E anche gli zii, i cugini, i miei amici e tutti gli altri!”

Sulla strada però, giunto alla Collina delle Fragole, incontra un leone affamato e, paralizzato dalla paura più irrazionale, incapace di elaborare un pensiero logico e una reale strategia di difesa, Silvestro ricorre, quasi inconsapevolmente, alla magia del sassolino, desiderando non solo di sparire ma di assumere la forma che più corrisponde a ciò che sente nell’animo, una paura paralizzante.
E così si ritrova trasformato in pietra, una scelta che Anna Castagnoli ha descritto come una strategia regressiva, condannando se stesso a una condizione di immobilità, irriconoscibilità e incomunicabilità fintanto che, per ciò che pare una probabilità su un miliardo, qualcuno non prenda il sassolino in mano (per manifestarsi, la magia deve essere a contatto con qualcuno) e desideri di vedere la pietra tramutata in asinello.

Come non provare una fortissima empatia con il piccolo Silvestro? – “Non sapeva che cosa fare. Era spaventato e aveva paura. Si sentì perduto” –

La narrazione qui mette un bel punto e a capo.

Lascia decantare le emozioni del lettore, sicuramente già intense, in una efficace, ampia illustrazione a doppia pagina, in netto stacco con le precedenti e le successive ben incastonate nel testo. In una meravigliosa notte stellata sulla Collina delle Fragole notiamo la pietra e, accanto, il sassolino rosso adagiato sul prato, relegati nella parte marginale della pagina, quasi a significare una presenza-assenza nel paesaggio naturale. Che potenza! La natura, il mondo, l’universo…

Silvestro, allora, si addormentò. Che cos’altro poteva fare? Arrivò la notte con tutte le sue stelle.

Una notte preludio di…chissà, che accade ora? ci si chiede.
Con uno stacco efficace, lo sguardo di Steig torna ai genitori, in una successione di pagine drammatiche, di attesa, ansia, lacrime, domande ai vicini, inutili quesiti alla polizia, ricerche con i cani di ogni razza che “annusarono anche la pietra sulla Collina delle Fragole, ma aveva un odore di pietra, non di… Silvestro!
Nulla, Silvestro non c’è più.

Giunsero alla conclusione che doveva essere successo qualcosa di brutto al loro bambino, e che probabilmente non lo avrebbero rivisto mai più. (Anche se, in realtà, lui era a meno di un chilometro di distanza).

A questo punto della storia io ho un groppo alla gola e un nodo allo stomaco.
Ilde non batte ciglio e non fiata.
Tina, due anni, è immobile, come la pietra Silvestro.
Proseguo.

Si aprono pagine di sofferenza, un po’ diversa da quella iniziale, una sofferenza, quella dei genitori, che prova a resistere, a reagire e a ritrovare un senso; il dolore, mai negato dai genitori né dall’autore, scivola nel tempo, nel mutare delle stagioni, nelle foglie autunnali, nella neve che tutto ammanta.
È la natura a ricordarci che tutto fa il suo corso, scorrendo inesorabilmente e indifferente ai dolori della vita.
Le tavole delle stagioni, estate, autunno, inverno, e poi primavera, scandiscono il ritmo regolare dell’attesa, attesa che il dolore sia più sostenibile, attesa (viva anche nel lettore) che un miracolo avvenga.
Silvestro, dal canto suo, sperimenta una rassegnazione quasi fatalista, “giorno dopo giorno, notte dopo notte, inesorabile, il tempo passò. Silvestro, in cima alla collina, si svegliava sempre più di rado. Quando non dormiva, era triste e senza speranza”.
L’asinello sprofonda in una specie di letargo, proprio come gli altri animali… e forse come loro si risveglierà?

Arriva la primavera, ancor più sfacciatamente dolorosa nell’esibizione delle foglie verdi, dei fiori colorati, delle farfalle in volo. Finché, un bel giorno, mamma e papà si avviano proprio verso la Collina delle Fragole, organizzati per un pic-nic, con tanto di abitino a fiori, cestino e ombrellone. La vita va avanti, proviamo a fare qualcosa di piacevole, “facciamoci coraggio”, suggerì è il papà.
E qui Steig è geniale nell’accelerare il ritmo narrativo, facendo sobbalzare di battiti anche il nostro cuore… perché, quale pietra scegliere per imbandire un bel pic-nic?

La signora Somarelli si appoggiò alla pietra. Il caldo della mamma, seduta su di lui, risveglio Silvestro dal lungo sonno invernale. Quanto voleva urlare: “Mamma! Papà! Sono io, Silvestro, sono qui!” Ma non poteva. Non aveva voce. Era muto come un sasso.

Attimi che sembrano eterni, frasi che paiono infinite, gesti lentissimi (ma quanto ci mette il papà ad aprire l’ombrellone? vorremmo gridare!): la mamma apparecchia la tavola-pietra, i dialoghi tra i due sfiancano la nostra attesa (noi che sappiamo!), la voce di Silvestro, che solo noi lettori udiamo, e infine persino il sassolino rosso raccolto dal papà e adagiato sulla pietra!
Steig gioca mirabilmente con il lettore, in questo caso onnisciente e altrettanto impotente, fino a quando la storia incontrerà il felice epilogo, grazie a una particolare congiuntura…

“Vorrei tanto essere di nuovo me stesso, tornare quello di prima” pensò Silvestro. E in men che non si dica, così fu.

Inutile dire quanto il finale sia liberatorio! Divoriamo con gusto le ultime tavole, riprendiamo a respirare, sorridiamo con i genitori, ci commuoviamo insieme a Silvestro, felice nel caldo abbraccio della mamma mentre il papà balla sprizzando una gioia pura. Anche il sole splende come mai prima.
Sì, perché se è vero che un ottimismo di fondo rincuora il lettore durante la lettura (non potrà mica finire male questa storia!), si è continuamente assillati dalla curiosità di scoprire come, come se ne potrà mai uscire da questa infernale situazione?

E non pensiate che, una volta svelato il finale, le letture successive perdano carica emotiva, no! L’empatia qui si attiva e rigenera progressivamente. E non è solo il contenuto narrativo ad accompagnarci per mano in questo viaggio di crescita nell’altro. È anche grazie a un testo articolato, mediamente lungo, mai scontato, e a un linguaggio curato e mai banale, preciso al punto giusto, che riusciamo a entrare davvero nella storia, a sentirci un po’ Silvestro, un po’ i genitori, e a chiederci continuamente cosa accadrà? cosa farei io al suo/loro posto?
La forza di questo libro è la capacità di attivare corde profonde di identificazione in un impeccabile impianto narrativo.

Non fatevi spaventare dalla drammaticità della trama, la sapienza con cui è costruita la rende preziosa ed estremamente catartica.
Non perdete l’occasione di esplorare con i bambini una storia così semplice e diretta in cui così tanti elementi convivono in una narrazione piena di grazia, temi che possono essere sviscerati lettura dopo lettura (mai esplicitati dall’autore!), ascoltati e scoperti a seconda delle diverse sensibilità, oppure, consiglio spassionato, ignorati!
Possiamo forse leggervi una parabola dall’immaturità infantile alla maturità? il passaggio dal principio di desiderio a quello di realtà? la paura dell’abbandono e della perdita? il coraggio, e il valore, di reagire di fronte alle prove della vita? l’accettazione di ciò che accade e non può essere controllato? Questo e molto altro (per una attenta e dettagliata analisi delle simbologie e dei risvolti psicologici di questa storia vi invitiamo a leggere quanto ha scritto Anna Castagnoli su Le figure dei libri).
Ma questa è innanzitutto e prima di tutto una bellissima storia.

Vi chiederete, lo so, e il sassolino magico?
Come ogni cosa più preziosa, nel bene e nel male, giace custodita in un luogo sicuro, forse un giorno ce ne sarà bisogno, ma per ora i Somarelli hanno tutto ciò che desiderano – e che meraviglia questo finale aperto! -.

SILVESTRO E IL SASSOLINO MAGICO 
William Steig (testo e illustrazioni)
Rizzoli
Anno di pubblicazione: 2017 (ed. or. 1969)
40 pp. | 26 x 22 cm
Prezzo di copertina: 14 euro
Età di lettura consigliata: dai 4 anni

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2 risposte a “Silvestro e il sassolino magico”

  1. silvia ha detto:

    E così, ispirata dalla vostra bellissima recensione, l’ho comprato e ieri sera ci siamo immerse nella lettura. Immerse davvero! L’interesse della mia fanciulla è iniziato in sordina, accarezzando un pelouche, e poi è andato crescendo: ritta a sedere sul letto, poi china sul libro, poi occhio spalancato, poi ciglia umide… fino al pianto a dirotto!
    Quindi, è assolutamente innegabile che il libro sappia “attivare corde profonde di identificazione”. Ora è da vedere se arriverà l’effetto catartico (questa mattina le sue prime parole sono state “Stasera mamma mi leggi una storia, vero?, ma un’altra, non quella che mi fa piangere).
    Ho cercato di spiegarle che le storie, quelle belle, sono così: ti travolgono e a volte ti fanno piangere, e spesso è proprio questo il loro bello.
    Vediamo se il libro servirà a far capire i fondamenti della letteratura a una bambina di 5 anni 1/2. Vi tengo aggiornate!

    • Silvia Sai Silvia Sai ha detto:

      Cara Silvia, le belle storie tessono fili profondi, spesso invisibili, gettano semi che nel tempo germoglieranno e si innesteranno sulle esperienze di vita vissuta. Questo albo parla di cose profonde ed è normale che possa esserci il desiderio del piccolo lettore di allontanarsi se queste toccano l’intimo. E’ proprio attorno ai cinque anni che nei bambini emergono in modo forte domande sull’esistenza, sulla morte, sul dolore, sulla vita. I libri tendono mani invisibili e noi possiamo solo essere tramite tra le belle storie e i nostri piccoli lettori. Se continui a proporre belle storie come questa, sii fiduciosa che la tua bambina entrerà in relazione con la buona letteratura. Come ne usufruirà, con che tempi e modalità e forme, questo non ci è dato saperlo 🙂 Grazie per leggerci con affetto, facci sapere come prosegue!

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