Tartarughe all’infinito è un romanzo alquanto introspettivo che riprende, come in una pellicola, un certo periodo della vita di Aza -la giovane protagonista cui lo scrittore sceglie di affidare la voce narrante- il suo tormento esistenziale e mentale e il suo primo grande amore, desiderato, temuto e vissuto con le accese contraddizioni proprie di questa fase della vita.
L’amore con Danis, ragazzo anch’egli “solo” e “spezzato” come Aza, si innesca per caso durante un’insolita avventura nella quale lei si ritrova, trascinata da Daisy, sua migliore amica nonché appassionata scrittrice di fanfiction (un bel personaggio!).
Al centro del romanzo ci sono fondamentalmente questi 3 ragazzi – gli adulti sono figure ben caratterizzate tra bizzarrie, assenze e apprensioni, ma restano marginali (che non significa poco importanti), esattamente come avviene nella realtà degli adolescenti, dove il mondo esterno è ricondotto sempre e inesorabilmente a una riflessione, come di fronte a uno specchio, su e con se stessi.
Nel romanzo tutto viene filtrato attraverso la prospettiva di Aza, nella quale il lettore resta invischiato, volente o nolente, a tratti facendo il tifo per lei, a tratti sopportandola a fatica (in ogni caso ci riscopriremo affezionati a questa ragazza).
Personalmente, a tratti ho trovato soffocante questa simbiosi che si viene a creare con la sedicenne, ma forse è proprio questo un pregio della scrittura di Green? Aza ha una salute mentale complicata da diversi pensieri intrusivi e ossessivi, ansia e attacchi di panico in una spirale che si stringe e risucchia (“quando i miei pensieri prendevano la spirale, io ero la spirale, io ero nella spirale, e della spirale”).
La sua vita è un continuo oscillare tra la paura e la debolezza di cedere e il suo interrogarsi al riguardo, cercando una via d’uscita, o meglio una chiave di lettura del proprio essere, perché “come posso aver bisogno di pillole per essere me stessa?”.
E ancora: quanto ognuno di noi è libero davvero di essere (identità) e volere (desiderio) ciò che vuole?
Questi tornanti interiori hanno uno spazio consistente nel romanzo, ma la trama ci racconta molto altro perché, come dice Aza stessa, “avevo anche una vita, una vita abbastanza normale, che continuava”.
E’ la vita davvero normale, di quella quotidianità stanca tipica degli adolescenti, tra scuola e pranzi al fast food, nella quale si trascinano goffamente per poi lasciarsi andare a slanci vitali e improvvisi, quasi come a tornare bambini.
Sorprendono le diverse sfumature che John Green mette in campo, nelle tematiche (amore, morte, amicizia, indagini misteriose, pensieri esistenziali…), ma anche nel ritmo narrativo (con accelerazioni, rallentamenti, colpi di scena) e nel tono (ora drammatico, intimistico, ora esilarante, ironico).
Un libro così non può avere un finale chiuso, come altri libri dell’autore. John Green ce lo racconta bene giocando sulle prospettive, facendoci intravedere il futuro, cosicché possiamo fingere di voltarci indietro e rivedere, come racchiuso in una bolla, quel particolare momento di vita appena raccontato.
Ora devo recuperare le letture degli altri suoi due libri più noti.
E voi conoscete questo autore? Avete letto gli altri suoi due best seller?
::: Piccolo svolazzamento a margine :::
Curiosi di sapere cosa c’entrano le tartarughe? Ebbene, come si racconta nel libro, hanno a che fare con la teoria secondo la quale la Terra poggerebbe sul dorso di una tartaruga enorme che a sua volta poggia su un’altra tartaruga e così via, all’infinito. Ha senso dunque interrogarsi su questa infinitezza? Ha senso cercare strenuamente l’origine e la base di tutto, ossia la prima tartaruga in assoluto?
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