Edito in Italia da Il Castoro, la storia originale della Krauss è del 1947, ma solo successivamente (è del 2016 l’edizione di Harper Collins) è stata riproposta arricchita delle splendide illustrazioni di Helen Oxenbury.
Nello scorrere delle pagine, ciò che ravvediamo è una storia talmente semplice e vera da risultare quasi disarmante. Trovo sempre affascinante quando un autore riesce a entrare in sintonia con il mondo bambino dando voce alle piccole grandi domande, direi quasi universali, che affollano le giovani menti:
Io sto crescendo?
Dietro questa domanda, che il bimbo della storia pone in modo esplicito, ripetuto e quasi insistente alla mamma, c’è un guazzabuglio di pensieri e sentimenti: l’entusiasmo del diventare grandi, l’impazienza per l’attesa, la frustrazione per ciò che pare avvenire ma non si riesce a vedere, il paragone con un mondo circostante che sembra cambiare in fretta. Non ci sono timori, le autrici hanno scelto di dare spazio solo alla gioia immaginata e al fremito dell’attesa.
Si apre con un’immagine dolcissima, il libro, perfettamente sintonizzata sul testo: un piccolo bimbo, forse di tre o quattro anni, scende i gradini che conducono al giardino con in braccio un cucciolo di cane e accanto dei pulcini.
Un bambino, un cucciolo e alcuni pulcini sono tutti molto piccoli.
Intuiamo dalle piccole foglie verdi sulle piante che siamo in primavera, e questo è un dettaglio importante perché lo scorrere delle stagioni è l’architettura su cui poggia l’intera storia e le attribuisce pieno senso. Sono molti le linee di confine che incontriamo, insieme al bambino: la primavera lascia il posto all’estate, che domina gran parte del libro, per poi passare alle stagioni più fredde nella parte finale; gli abiti di lana del bambino vengono riposti nella scatola sopra una mensola, per lasciare spazio a un abbigliamento più fresco.
Gradualmente tutto cambia, il cambiamento è lento e vissuto in prima persona dal bambino, anche se solo osservato. Impegnato con la mamma nelle attività di cura della campagna, degli alberi da frutto e dei campi, il bambino osserva, osserva molto. Guarda se stesso allo specchio, investigando qualche piccolo segnale di crescita, guarda la natura: i semi di granturco diventare piante e poi offrire pannocchie, i rami degli alberi sbocciare in splendide fioriture e poi lasciar spazio ai frutti come le succose pere, vede fiorire le rose e sbocciare il caprifoglio, spuntare i lillà e crescere alta l’erba dei campi. Ma soprattutto misura con attenzione gli animali, suoi compagni di giochi, i pulcini arrivare fino al suo ginocchio e infine trasformarsi in bei polli, il cucciolo di cane raggiungere l’altezza della sua pancia e poi quasi delle sue spalle!
Si allungano i giorni. Si accorciano le notti. L’erba cresce più in fretta. I fiori crescono alti. Le foglie degli alberi crescono e diventano grandi. “Anche noi stiamo crescendo”, dice il bambino al cucciolo e ai pulcini.
La natura è qui potentissima, è lei ciò che accoglie la vita, è lei ciò di cui il bambino stesso si sente di far parte; il paragone non è infatti con altri bambini coetanei, ma con i pulcini, l’erba, i fiori, gli alberi, il grano, il cagnolino. Guarda loro, guarda se stesso. Un bellissimo pensiero, questo!
Viva, colorata, delicata, forte, questa è la natura che ci viene restituita dalle illustrazioni della Oxenbury che alterna magnifici squarci su paesaggi o situazioni rese sulla doppia pagina a sguardi più vicini alle figure umane, il bambino – sempre straordinaria la sua capacità di rendere le pose, i gesti, i movimenti dei più piccoli – o la mamma – giovanissima, quasi bucolica, straordinariamente aggraziata anche mentre raccoglie le pere in cima ad una scala o accucciata per seminare il terreno!
E’ una mamma presente ma silenziosa, quasi in un dialogo muto con la natura: ascolta il figlio , e risponde calma alle sue continue domande “certo che stai crescendo”.
Già perché il bimbo – davvero un’esplosione di simpatia e tenerezza nelle illustrazioni – inevitabilmente paragona se stesso alla natura e altrettanto inevitabilmente nota che l’evidenza della crescita negli altri non corrisponde a una medesima evidenza su se stesso.
Finché, quando torna la stagione fredda e “le foglie diventano rosse, gialle e marroni”, giunge il momento di riaprire la scatola con i vestiti di lana, ma… ora è sì evidente quanto il bimbo sia cresciuto! In una splendida e liberatoria sequenza conclusiva vediamo i pantaloni troppo stretti e corti, le maniche della giacchetta non arrivare ai polsi… e un sorriso travolgente dipingersi sul volto del bimbo…
Si mette il berretto e corre in cortile. Fa una capriola. Lancia il berretto in alto in cielo. “Ehi!”, dice il bambino si polli e al cane. “I pantaloni sono troppo piccoli e la giacca è troppo stretta!”
Quanta calma e quanta serenità si respira in queste pagine dove tutto scorre lento e inesorabile, per cambiare ma in fondo rimanere simile a se stesso.
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