Ho impiegato un po’ ad accomodarmi con agio nella narrazione, a entrare in confidenza con le storie dei suicidi, con la ridicolaggine dei vari doc della clinica, con la bizzarra compagnia di “suicidanti”, frammisti ai gruppi degli alcolisti, dei sessuomani e delle anoressiche (!) ospitati nella clinica.
Gradualmente mi sono ambientata anche nello stile, dal tono estremamente schietto e cinico, non epurato da parolacce, espressioni dure, racconti dolorosi.
A mettermi a mio agio è stato il tremendo divertimento, segnato da uno stile un po’ scanzonato e un po’ humor nero, scoppiettante e fresco, direi in perfetto stile francese -che di base io non amo particolarmente-.
Lo so, se leggi di ragazzi e di suicidi, di depressioni esistenziali e di violenze, insomma, tanto da ridere mica ti viene.
Ma a un certo punto proprio non puoi farne a meno: quando Victor, a mensa, si fa passare sottobanco il dolce dalle anoressiche, o quando Alice promette di uccidere Colette soffocandola nel sonno. Ridi e capisci che in questo libro, proprio come nella vita, puoi provare tanta malinconia e tristezza quanto immenso entusiasmo e divertimento.
I personaggi sono splendidi, diversissimi tra loro per vari motivi ma in forte cambiamento nella relazione con gli altri. Già, è proprio l’incontro con l’altro specchio di sé a determinare un cambiamento di prospettiva, non solo in loro ma anche nel lettore.
La prima parte del libro è ambientata nella clinica e permette a noi di conoscere queste persone e a loro di annusarsi, apprezzarsi, provocarsi, compiere trasgressioni e condividere pillole di saggezza e cinismo. In altre parole, uscire dalla solitudine.
Poi arriva il piano e la fuga, segnata da un amore nascente tra Alex e Alice, che viene dichiarato e accolto – tanto cosa abbiamo da perdere, tra poco saremo morti!-. La compagnia dei cinque scappa con la macchina guidata dall’autista di Jacopo verso un maniero in Normandia di sua proprietà, accanto a una scogliera (teatro del fallito suicidio), dove hanno organizzato una sfarzosa festa che terminerà all’alba con un suicidio collettivo. Questa volta, insieme, ce la possono fare.
Nel frattempo, però, c’è il viaggio, durante il quale, come nei più classici on the road, accadono molte cose trasformative: la macchina che si ferma nel nulla, il telefono che non prende, la locanda sperduta con tanto di teschio e coppia di fricchettoni agée, gli incontri assurdi, i lunghi dialoghi.
Esperienze vissute assieme, confidenze, racconti di vita, pensieri condivisi, ecco ciò che fa avvicinare sempre più, in un calore crescente, i 5 della compagnia, in un movimento di lenta schiusura che permette anche al lettore di avvicinarsi e sentirsi partecipe emotivamente.
Eppure, quando arrivano al castello, sanno che la strada ha un finale promesso e concordato, un addio che si affaccia sulla scogliera. Non prima di una festa memorabile con ospiti assurdi e scene esilaranti, droghe di vario tipo, verginità perdute, e tanto riscatto sulla vita, che forse a questo punto diventa più allettante della morte.
Che accadrà dunque, all’alba?
Un romanzo pungente che è tante cose assieme, dal finale agrodolce, ma in ogni caso un inno ai “cuori che battono” (Coeur battant, è il titolo originale).
Consigliatissimo!
Condivido in pieno! Anche a me è piaciuto sempre di più andando avanti con la lettura.
Gli aforismi secondo me perdono molto lustro con la traduzione, è un peccato.
Ho letto questo libro perché sto cercando libri per pre-adolescenti che stanno vivendo per la prima volta la malattia e la perdita dei propri famigliari, secondo te questo è adatto? Avresti altri titoli da consigliare? Grazie mille!